Roma, 26 feb. (askanews) – Un’emozionante alternarsi di musica e parole ha caratterizzato lo spettacolo “Dieci storie che potevano essere vere ”, portato in scena a Roma, al Teatro Sala Umberto, il 25 febbraio e basato sulle storie tratte dal libro “Khojaly, 20 anni. 10 storie che potevano essere vere ..”.
L’evento, che ha fatto tappa nella capitale per la seconda volta, dopo il successo del 2017, è stato organizzato dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia in collaborazione con la Fondazione Heydar Aliyev e rientra nella lunga serie di eventi che caratterizzeranno il 2020 – Anno della Cultura dell’Azerbaigian in Italia.
La rappresentazione è stata realizzata in occasione del XXVIII anniversario del genocidio di Khojaly, il momento più drammatico della storia dell’Azerbaigian e l’evento più cruento avvenuto nell’ambito del conflitto del Nagorno-Karabakh tra Armenia ed Azerbaigian, che viene commemorato in tutto il mondo ogni anno con eventi e manifestazioni.
Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, le forze militari dell’Armenia attaccarono la città di Khojaly, nella regione azerbaigiana del Nagorno-Karabakh, causando la morte di 613 persone, tra cui 106 donne, 70 anziani e 63 bambini. Le “Dieci storie che potevano essere vere” sono proprio le storie di dieci bambini la cui vita è stata interrotta nella notte del 25 febbraio di ventotto anni fa, e i cui sogni non hanno mai potuto realizzarsi.
Lo spettacolo è iniziato con il famoso brano “Bayati Shiraz”, eseguito con voce intensa dal noto musicista di mugham Tacir Shahmaloglu, orginario del Karabakh, e con immagini del Karabakh prima e dopo il conflitto, trasmesse sullo sfondo.
A fare i saluti di apertura l’Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, che ha sottolineato come tale voce rappresenti l’eco della tristezza, del dolore e della nostalgia di più di 1 milione di rifugiati e profughi azerbaigiani espulsi dalle proprie terre natali, di decine di migliaia di azerbaigiani uccisi, inclusi i 613 morti a Khojaly, oggetto di una politica di pulizia etnica, come risultato dell’aggressione militare dell’Armenia contro l’Azerbaigian. Come conseguenza ancora oggi l’Armenia occupa militarmente circa il 20% del territorio azerbaigiano internazionalmente riconosciuto. L’Ambascaitore ha evidenziato che il genocidio perpetrato a Khojaly è il culmine delle atrocità da parte dell’esercito dell’Armenia contro gli azerbaigiani. “Quella tragica notte”, ha detto l’Ambascaitore, “da una parte risiedeva la gelosia, il rancore, l’invidia, l’odio e dall’altra l’amore, il rispetto e l’innocenza. Purtroppo hanno prevalso i primi, e nostro compito è fare tutto il possibile perché gli stessi non vincano, poiché solo il rispetto e l’amore possono salvare il mondo”.
Da ciò, ha proseguito l’Ambasciatore, è importante innanzitutto ricordare ed anche far conoscere quanto accaduto a Khojaly, e solo così sarà possibile evitare il ripetersi di simili eventi. L’Ambasciatore Ahmadzada ha sottolineato anche l’importanza della campagna internazionale “Giustizia per Khojaly!” avviata da Leyla Aliyeva, vice presidente della Fondazione Heydar Aliyev ed ideatrice dello stesso spettacolo.
Di grande impatto anche le immagini trasmesse sullo sfondo del palcoscenico: ricordi del conflitto, vittime del massacro e i disegni della guerra vista con gli occhi dei bambini.
La direzione artistica della manifestazione è stata di Pierluigi Ruggiero, violoncellista noto a livello internazionale, con musiche originali e adattamenti musicali di Giuliano Di Giuseppe, direttore di numerose orchestre italiane. Ad esibirsi insieme a loro, il violinista ungherese Zoltan Banfalvi e il chitarrista Luca Trabucchi. Voci narranti dell’evento gli attori Valeria Ferri e Edoardo Oliva.
L’evento ha visto la partecipazione di un nutrito pubblico, composto da esponenti istituzionali, studiosi, accademici e media, che ha dimostrato nei lunghi applausi la sua partecipazione ai fatti narrati.