L’accordo sulla Brexit, spiegato

Ecco cosa cambia

OTT 17, 2019 -

Bruxelles, 17 ott. (askanews) – Il nuovo accordo sulla Brexit raggiunto oggi fra i negoziatori dell’Ue e quelli del governo britannico di Boris Johnson, e sottoposto ai capi di Stato e di governo dei Ventisette durante il Consiglio europeo a Bruxelles, contiene una serie di novità importanti rispetto all’Accordo di recesso che era stato negoziato con il precedente governo di Theresa May nel novembre scorso, e bocciato poi tre volte dal parlamento britannico. Il nuovo accordo modifica anche la Dichiarazione politica sulle relazioni future dopo la Brexit, che accompagnava l’Accordo di recesso. Restano invariati altri importanti elementi dell’Accordo, a cominciare dai diritti dei cittadini.

UN NUOVO PROTOCOLLO SULL’IRLANDA INVECE DEL “BACKSTOP” Innanzitutto, è stato eliminato il “Backstop”, la pietra angolare del vecchio Accordo di recesso che Johnson aveva da sempre giudicato inaccettabile, che prevedeva la permanenza indefinita nell’Unione doganale Ue sia dell’Irlanda del Nord che del resto del Regno Unito. Il “Backstop” sarà sostituito da un “protocollo rivisto sull’Irlanda” che fornisce “una soluzione giuridicamente operativa” equivalente. Su richiesta del governo Johnson, è stata rimossa la permanenza del Regno Unito nell’Unione doganale Ue, che era stata concordata con il “Backstop”. Ma si è riusciti attraverso altre modalità (almeno secondo i negoziatori) a conseguire gli obiettivi prefissati: evitare il ristabilimento di una frontiera fisica terrestre “dura” nell’isola d’Irlanda, proteggere l’economia integrata dell’intera Isola (“All Island economy”) e l’accordo del Venerdì santo di Belfast (che mise fine alla guerra civile in Irlanda del Nord) “in tutte le sue dimensioni”, e preservare l’integrità del mercato unico Ue. “Questa soluzione risponde alle circostanze uniche dell’isola d’Irlanda con soluzioni specifiche, e con l’obiettivo di proteggere la pace e la stabilità”, ha sottolineato il negoziatore capo dell’Ue, Michel Barnier.

Al fine di evitare una frontiera “dura”, il nuovo protocollo prevede che l’Irlanda del Nord rimanga allineata a una serie di norme relative al mercato unico dell’Ue: la legislazione sulle merci, le norme sanitarie per i controlli veterinari (“regole Sps”), le norme sulla produzione e il marketing nel settore agricolo, l’Iva e le accise per le merci e, infine, le norme sugli aiuti di Stato. In questo, non ci sono differenze rispetto a quello che prevedeva il vecchio “Backstop”. I negoziatori hanno trovato un nuovo modo per raggiungere l’obiettivo di evitare i controlli doganali alla frontiera terrestre sull’isola d’Irlanda, garantendo allo stesso tempo che l’Irlanda del Nord rimanga parte del territorio doganale britannico e goda degli stessi vantaggi che il Regno Unito otterrà da eventuali accordi di libero scambio con paesi terzi. Questo avverrà mediante l’individuazione, da parte di un “comitato congiunto” Ue-Regno Unito, di categorie di “prodotti a rischio”, ovvero prodotti che potrebbero entrare nel mercato unico europeo passando per la via d’accesso nordirlandese. Per questo prodotti, e solo per questi, le autorità del Regno Unito riscuoteranno i dazi previsti dall’Unione doganale europea, mentre i prodotti destinati a restare in Irlanda del Nord pagheranno gli stessi dazi previsti dal territorio doganale del Regno Unito.

IL “CONSENSO” DELL’ASSEMBLEA NORD IRLANDESE Infine, l’accordo prevede la creazione di un nuovo meccanismo di “consenso” (“consent”), che darà ai membri dell’Assemblea dell’Irlanda del Nord di Stormont il potere di votare, a maggioranza semplice e ogni quattro anni, la continuazione del dispositivo instaurato con il nuovo protocollo (e dunque dell’applicazione in territorio nordirlandese delle norme del mercato unico Ue pertinenti). Il primo voto avverrà quattro anni dopo la fine del “periodo di transizione” (fine 2020, se non sarà prolungato di uno o due anni). Se la maggioranza semplice sarà “cross-community” (cioè approvata da entrambe le comunità nordirlandesi), l’estensione della validità del protocollo durerà otto anni invece di quattro. Se invece la maggioranza semplice voterà contro il protocollo, il dispositivo resterà in vigore ancora due anni, per permettere di negoziare una soluzione alternativa.

RIMANE IL RESTO DELL’ACCORDO DI RECESSO Tutti gli altri elementi dell’Accordo di recesso rimangono sostanzialmente invariati rispetto al testo approvato dall’Ue il 14 novembre 2018. L’Accordo di recesso, ha ricordato Barnier, “conferisce certezza giuridica laddove il ritiro del Regno Unito dall’Ue ha creato incertezza: i diritti dei cittadini, la soluzione finanziaria (i pagamenti che Londra deve al bilancio dell’Unione fono al 2020, ndr), un periodo di transizione almeno fino alla fine del 2020, ovvero 14 mesi, e di uno o due anni in più se vi è un accordo in questo senso”. Restano invariati anche i protocolli su Gibilterra e Cipro inclusi nell’Accordo di recesso.

LA DICHIARAZIONE POLITICA RIVISTA Un’altra modifica importante, inclusa nel nuovo accordo, riguarda la “Dichiarazione politica” sulle future relazioni economiche fra l’Ue e il Regno Unito dopo la Brexit. Il governo Johnson ha scelto un modello basato su un accordo di libero scambio, e ha chiesto e ottenuto che ogni altra opzione fosse eliminata dalla Dichiarazione politica, e in particolare i riferimenti al territorio doganale condiviso, che non sono più attuali. L’obiettivo sarà dunque un ambizioso accordo di libero scambio con tariffe zero e senza limitazioni (quote) alle importazioni tra l’Ue e il Regno Unito. Resta, comunque, da definire il quadro degli impegni delle due parti riguardanti le condizioni di parità (“level playing field”) riguardo alla concorrenza aperta ed equa, e a un “solco comune”, come lo ha chiamato Barnier, riguardo alle norme sociali e ambientali, gli aiuti di Stato e la fiscalità delle imprese. Servono garanzie che Londra eviti la tentazione di una “concorrenza normativa” con l’Ue, con rischi di dumping sociale, ambientale e fiscale. La natura precisa degli impegni sarà “commisurata all’ambizione delle relazioni future e terrà conto delle forti interconnessioni economiche e della vicinanza geografica del Regno Unito”, ha osservato Barnier.

Il nuovo accordo, sottoposto all'”endorsement” dei capi di Stato e di governo al Consiglio europeo, dovrà ora essere ratificato dall’ Europarlamento e adottato formalmente dal Consiglio Ue, e ottenere anche la ratifica del Parlamento britannico di Westminster. Ed è questo il passaggio che appare più delicato, nonostante la fiducia ostentata da Johnson con i suoi interlocutori europei sul fatto di disporre della maggioranza sufficiente. In realtà, il voto favorevole della Camera dei Comuni non è affatto scontato, come si vede dalle prime dichiarazioni della leadership laburista e del Partito unionista nord irlandese Dup. Si vedrà sabato, quando sono stati convocati i Comuni. Se Westminster approverà l’accordo, il Parlamento europeo potrà ratificarlo già la settimana prossima, durante la plenaria di Strasburgo. In questo caso, è perfettamente possibile che la Brexit avvenga alla data prevista del 31 ottobre, senza ulteriori ritardi, come voleva Boris Johnson. Se, invece, ci saranno ritardi nella ratifica, soprattutto dall’altra parte della Manica, è probabile che sia necessario un vertice Ue straordinario alla fine del mese (probabilmente il 27) per decidere il da farsi, e probabilmente per concedere più tempo al Regno Unito, con una nuova proroga della Brexit (sempre che vi sia la richiesta da Londra). Ma non è questo lo scenario a cui si guarda oggi, anche se “con al Brexit e con i britannici tutto è possibile”, come ha detto ieri il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

Loc/Int2