Roma, 27 nov. (askanews) – Il Giappone entrerà il prossimo anno in una nuova ‘èra’. E, per la terza economia del mondo, questo cambiamento ha un’importanza cruciale da un punto di vista simbolico, amministrativo ed economico. Motore della trasformazione sarà la successione imperiale che, tra il 31 aprile e il primo maggio, vedrà l’insolita abdicazione del Tenno attualmente in carica – Akihito – e l’ascesa al Trono del Crisantemo dell’attuale principe della corona Naruhito.
Sembra paradossale che un paese tecnologicamente così avanzato e culturalmente così postmoderno, appunti una tale importanza a una transizione che riguarda, in definitiva, una figura esclusivamente simbolica con alcun potere politico reale. Tuttavia la centralità di questo evento è chiara a chiunque si renda conto di quanto il paese abbia bisogno di stabilità e di una chiara affermazione della propria identità, in un contesto globale in cui il movimento di persone e di idee costringe anche Tokyo a confrontarsi sempre col mondo esterno.
Il Giappone vive una situazione paradossale. E’ la terza economia del mondo e sta vivendo un una fase di crescita, oltre a vivere nella regione più viva e dinamica. Nello stesso tempo è una società a rapido invecchiamento, che percepisce la necessità di aprire maggiormente le sue porte all’immigrazione, e un paese che vede uno dei punti forti della sua collocazione e sicurezza nazionale – l’alleanza con gli Stati uniti – in dubbio, sotto la presidenza di Donald Trump, mentre la crescente potenza cinese potrebbe spingerlo a rivedere il suo rapporto con l’ingombrante vicino.
Secondo una stima basata sui calcoli dell’Ufficio statistico giapponese, nel 2020 il 29 per cento della popolazione avrà più di 65 anni e nel 2040 questo dato salirà al 36 per cento. Si tratta di numeri preoccupanti, che rischiano d’intaccare la produttività del paese, incapace spesso di trovare sufficiente forza lavoro. Attualmente il tasso di disoccupazione nipponico è vicino alla piena occupazione, con una percentuale fisiologica del 2,3 per cento.
Questo invecchiamento viene in un momento in cui la collocazione internazionale del Giappone è in forse anche per l’azione protezionistica di Trump, che contesta a Tokyo il surplus nella bilancia commerciale. Inoltre, l’alleato americano ha dimostrato di essere avvezzo ad azioni unilaterali, per esempio rispetto alla questione della Corea del Nord. Il disgelo con Pyongyang, avviato col summit di Singapore di giugno, ha visto il Giappone spettatore abbastanza marginale.
In questo contesto, il primo ministro Shinzo Abe si è impegnato in un rafforzamento del ruolo internazionale di Tokyo sul piano della difesa e della sicurezza, anche attraverso un allentamento dei vincoli costituzionali che rendono difficile l’utilizzo dell’apparato militare – le cosiddette Forze di autodifesa – e un’azione sul piano economico e commerciale che punta a dare una centralità del Giappone in accordi e aree di libero scambio. La firma dell’Economic Partnership Agreement (EPA) con l’Unione europea e la decisione di andare comunque avanti con il Partenariato trans-Pacifico (TPP), dopo la defezione americana decisa da Trump, vanno in questa direzioen.
L’èra Heisei, insomma, è destinata a chiudersi con più punti interrogativi che certezze. Era iniziata nel 1989, quando il Giappone era ancora nella sua fase di crescita allora apprentemente irresistibile, che faceva prevedere a molti osservatori la possibilità di un sorpasso rispetto agli Stati uniti. Della nuova èra, al momento, non conosciamo il nome (gengo o nengo): verrà deciso come vuole tradizione attraverso una complessa analisi filologica dei Classici cinesi. Conosciamo però già come procederà questa delicata e attesa successione imperiale, che simbolicamente dovrà segnare un giro di boa importante per la vita dell’Arcipelago e, quindi, anche per gli equilibri in Asia orientale.
Saranno mesi nei quali il Sol levante tornerà in contatto con la sua tradizione ancestrale, in cui si dibatterà di questa antica istituzione che è al centro del sistema simbolico dell’identità di un paese il quale rivendica una successione ininterrotta di monarchi a partire dall’antichità più remota. In epoca di sovranismi e nazionalismi, in Occidente, si potrà verificherà come il Giappone – ormai un paese integrato pienamente in Occidente a partire dalla Restaurazione Meiji del 1868 – interpretà questo nuovo clima politico e culturale.
Il 30 aprile Akihito – 85 anni – lascerà il Trono del Crisantemo. Un’abdicazione non si verificava in Giappone da due secoli. La decisione di lasciare il suo incarico, motivata con la stanchezza e l’età, è stata annunciata dall’imperatore con un messaggio alla nazione, per televisione, l’8 agosto 2016. Il governo ha dovuto creare, con un complesso lavoro di consultazione con esperti, un percorso legale per un’abdicazione che non era neanche prevista dalla Legge della Casa Imperiale. Per quell’evento, l’esecutivo ha deciso di tenere una “cerimonia di stato”, che si terrà presso il Teatro nazionale di Tokyo, per sancire questo passaggio cruciale. Il giorno dopo Naruhito – 58 anni – assumerà la funzione di Imperatore. Sarà, quello del primo maggio, il primo dei tre momenti più solenni della successione e vi si terrà il rituale (Kenji to Shokei no Gi) col quale al Tenno entrante vengono presentati i tradizionali tre simboli della regalità (la spada Kusanagi, lo specchio Yana no kagami e il gioiello ricurvo Yasakani no magatama). Tra il 29 aprile e il 6 maggio, in Giappone, sarà festa.
Il governo ha precisato mesi fa che le componenti di genere femminile della Famiglia imperiale, compresa quindi la futura imperatrice consorte Masako, non potranno assistere a questo rito. Non si tratta di una novità, perché anche nella precedente successione imperiale, che data al 1989, le donne non presero parte alle cerimonie. Questo elemento è solitamente collegato col fatto che la Legge sulla Casa imperiale stabilisce che solo i maschi possono ascendere al Trono del Crisantemo. L’esclusione, tuttavia, non si estenderà all’eventuale presenza di ministre del governo, le quali non essendo parte in causa nella questione della successione imperiale neanche indirettamente, potrebbero assistere in una posizione di mere osservatrici. E’, inoltre, da stabilire se anche i membri minorenni della Famiglia imperiale potranno presenziare, in particolare il giovane principe Hisahito, che ha 11 anni ed è nella linea di successione.
Anche se Naruhito assumerà immediatamente le funzioni, formalmente la sua ascesa al trono avverrà il 22 ottobre 2019. Si terrà infatti in quel giorno la seconda importante cerimonia, il “Sokui. Il Tenno non indossa una corona, quindi solitamente si parla di ‘intronazione’. In quella cerimonia il nuovo Imperatore viene presentato anche come all’interno e all’esterno. che è la vera e propria “intronazione” (l’Imperatore del Giappone non ha una corona), con la quale l’imperatore viene dichiarato tale e presentato all’interno e all’estero come nuovo Tenno. Sarà in quel giorno che si terrà anche la suggestiva parata, mentre il giorno dopo il primo ministro dovrebbe offrire un ricevimento agli ospiti stranieri.
Il rituale più atteso è però il Daijosai, che si dovrebbe tenere tra il 14 e 15 novembre 2019. Si tratta di un rito nel quale il Tenno ha un contatto diretto con la sua antenata, la dea del sole Amaterasu-O-Mikami, e quindi è in qualche modo connesso a una discendenza divina della Famiglia imperiale. Il defunto imperatore Hirohito ha rinunciato con la sconfitta nella seconda guerra mondiale al carattere divino dell’istituzione che era da lui incarnata e la Costituzione ha sancito una funzione civile del sovrano.
Il Daijosai è una cerimonia molto complessa e articolata. Nella prima parte il Tenno mangia del riso speciale (coltivato da particolari famiglie, conservato in un santuario shintoista e purificato in riti shintoisti). Contemporaneamente viene allestita una struttura in legno composta di due capanne con due stanze ciascuna, che rappresentano la casa dell’ex imperatore e quella del nuovo. Alternativamente vi si svolgono in più momenti della giornata rituali. L’ultimo, che ha luogo per diverse ore nella notte nella seconda capanna, è un momento di comunione tra il Tenno la divina antenata Amaterasu.
Naruhito diventerà il 126mo Tenno in una dinastia che rivendica il primato di più antica famiglia regnante al mondo, per quanto vi siano versioni contrastanti tra gli storici sul fatto che effettivamente questa continuità sia stata mantenuta durante i secoli.
A partire dalla restaurazione dell’Imperatore Meiji ogni èra copre l’intero regno di un Tenno, che assume come nome postumo il ‘gengo’. Per fare un esempio: l’imperatore Hirohito che regnò sull’èra Showa (1926-1989) è denominato dopo la morte Showa. Il ‘gengo’, inoltre, ha una funzione importante da un punto di vista amministrativo. I documenti ufficiali, in Giappone, utilizzano tutti il nome d’èra più un numero progressivo per indicare l’anno. Il 2018 è, insomma, il 30mo anno dell’èra Heisei o ‘Heisei 30’. Per quanto questo sistema di calcolo dell’anno sia originario della Cina, solo il Giappone in Asia lo mantiene formalmente.
Il gengo non ha l’anno zero: il prossimo anno, dal primo maggio, sarà il primo anno della prossima èra ancora da denominare. Fino ad allora saremo ancora nell’èra Heisei. La complessa scelta del gengo prevede che si tratti di due ideogrammi (kanji) di buon auspicio. A deciderlo è il governo, che si avvale di commissioni di studiosi nominate all’uopo. Quando, il 7 gennaio 1989, l’imperatore Hirohito morì, l’allora portavoce del governo Keizo Obuchi fornì poche ore dopo il nome dell’èra che sarebbe cominciata da quel giorno: Heisei (‘pace ovunque’). Questa rapidità fa pensare che il governo avesse già pronto il nome prima della morte di Showa, ma il governo non ha mai ammesso tale lavoro preventivo e anche oggi non abbiamo alcun segnale su quale sarà il nuovo gengo.
Il cambiamento del nome d’èra ha un impatto economico di un certo peso, che in Giappone in qualche modo può evocare i timori del cambio di millennio per quanto riguarda le apparecchiature elettroniche. Smartphone, computer e siti internet dovranno essere reimpostati inserendo il nuovo nome d’èra. In questo senso, c’è anche chi teme che si possa produrre il caos. Anche perché sarà il primo cambio d’èra da quando la rete è diventata uno spazio pervasivo della nostra vita.