Turchia, Erdogan rieletto, sarà superpresidente almeno fino al 2023

Sua Alleanza del popolo ha maggioranza parlamento, bene nazionalisti

GIU 25, 2018 -

Roma, 25 giu. (askanews) – È vittoria per Recep Tayyip Erdogan e il suo AKP (Partito della giustizia e dello sviluppo) alle elezioni presidenziali e legislative tenute ieri in Turchia. Se fino a questo momento ci poteva essere ancora qualche ostacolo all’implementazione del sistema presidenziale introdotto nell’aprile 2017, ora la strada per Erdogan sembra completamente spianata. Un presidente con poteri esecutivi immensamente più ampi, che dovrebbe guidare la Turchia per altri 5 anni, almeno fino al 2023, centenario della Repubblica turca, compiendo 21 anni di governo AKP nella “Nuova Turchia”, che promette di essere avviata ad una politica ancora più autoritaria.

Erdogan ha visto riconfermare per la seconda volta dal 2014 la carica del presidente, ricevendo il 52,54% dei voti. Dal suo canto l’AKP ha nuovamente ottenuto la maggioranza in parlamento con 42,49% delle preferenze e 293 deputati. Nel complesso, l’ “Alleanza del popolo”, che vede uniti con l’AKP anche il nazionalista MHP, ha incassato il 53,6% dei voti, ottenendo quindi la maggioranza assoluta, 343 seggi del nuovo parlamento che sarà composto da 600 deputati. Una vera sorpresa è stata la percentuale dell’11,13% ottenuta dal MHP, che per diversi osservatori dopo l’alleanza con l’AKP aveva perso la propria identità. Meno sorprendente il risultato nel suo complesso per Kadri Guersel, giornalista e analista del quotidiano Cumhuriyet, secondo il quale “non era possibile che si avesse un altro risultato, perché nelle circostanze politiche attuali, semplicemente non potrebbe essere stato altrimenti”.

Il risultato elettorale ha smentito gran parte dei sondaggi che nelle ultime settimane davano quasi per certo che l’opposizione, l’ “Alleanza della nazione” – formata da CHP, Partito IYI, SP e DP – e il filo-curdo HDP avrebbero ottenuto la maggioranza in parlamento. Mentre l’HDP è riuscito a superare lo sbarramento elettorale del 10%, portando a casa oltre l’11,62% dei voti – e 67 deputati – l’alleanza dell’opposizione è rimasta a 34,04%, con 190 deputati (146 CHP e 44 IYI Parti). Meno ottimisti erano i pronostici a favore di un ballottaggio tra due candidati presidenti, nonostante la notevole performance del candidato CHP, Muharrem Ince, che si è comunque tradotto in un sostegno del 30,67%.

I risultati sono stati comunicati da parte dell’Agenzia di stampa Anadolu (AA) – semi-statale e con una linea editoriale molto vicina al governo. Per diverse ore, dopo l’inizio dello spoglio delle schede diversi esponenti del CHP – tra cui il portavoce Bulent Tezcan – hanno rilasciato dichiarazioni che contestavano i dati comunicati dall’AA, affermando che mentre Erdogan annunciava vittoria, lo spoglio di numerosi seggi in città tra cui Istanbul, Ankara, Izmir, Antalya e Adana, che avrebbero potuto ribaltare la situazione, non era ancora concluso.

A supportare queste affermazioni anche i risultati parziali comunicati dalla piattaforma Adil Secim Net costituito proprio dall’opposizione e dalla società civile, per presidiare, monitorare e registrare tutto il processo elettorale. Un canale alternativo all’AA, già criticato in passato per le posizioni parziali a favore dell’esecutivo. Tuttavia, con il passare delle ore i dati della AA e della piattaforma si sono allineati quasi del tutto, lasciando fuori discussione eventuali obiezioni. Verso le 03.00 anche il presidente del Consiglio elettorale superiore (YSK) ha confermato gli stessi numeri.

In un breve discorso – e molto in anticipo rispetto alle comunicazioni ufficiali del YSK – tenuto ad Istanbul verso le 23 locali, Erdogan ha annunciato la propria vittoria, affermando che “con una partecipazione al 90% circa, la Turchia ha dato un esempio di democrazia a tutto il mondo”. Congratulandosi poi con gli altri candidati, il presidente ha aggiunto che “nessuno deve addossare la responsabilità del proprio insuccesso alle elezioni” ed ha ribadito che “la sicurezza dei seggi e la libertà di esercitare il voto sono espressione della forza della democrazia turca”. Più tardi Erdogan è passato ad Ankara, per il tradizionale “discorso del balcone” post-elettorale, nel quale il presidente ha ringraziato i suoi elettori per non averlo mai abbandonato nelle prove elettorali e in altre circostanze critiche, incluso il tentato golpe del 15 luglio 2016, senza però citare la promessa preelettorale riguardo alla revoca dello stato d’emergenza.

“Non importa quale partito abbia votato, il presidente di tutti i cittadini, della nazione è Recep Tayyip Erdogan”, ha affermato il presidente, ringraziando ancora una volta i suoi elettori per aver “dato insieme” a lui “la lezione a chi attendeva fregandosi le mani che la Turchia cadesse in ginocchio”. Il leader ha anche assicurato che proseguiranno la lotta al PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e a FETO (Organizzazione dell’imam Fethullah Gülen, accusato di essere la mente del tentato golpe). Simili commenti erano stati fatti dal presidente anche dopo precedenti vittorie elettorali, a cui hanno fatto seguito decine di migliaia di arresti e licenziamenti di persone accusate di far parte di un gruppo o all’altro. Sembra quindi lecito attendersi che simili misure di “sicurezza nazionale” continueranno a essere messe in atto con il nuovo regime presidenziale.

Tuttavia, il percorso che attende Erdogan e l’AKP non sarà privo di ostacoli, a partire dalla caduta della lira turca che dall’inizio dell’anno ha perso circa il 16% di valore rispetto al dollaro. Sebbene i mercati abbiano accolto la conferma di Erdogan come un segnale di stabilità, è innegabile che ci sono varie questioni da affrontare, dall’inflazione del 12,5%, alla disoccupazione e al deficit delle partite correnti che continua rapidamente a crescere. Un altro punto debole dell’economia turca è anche la dipendenza dagli investimenti esteri, la cui riduzione è dipesa anche dalla crescente tendenza autoritaria assunta dal governo. Ma per alcuni commentatori proprio l’incertezza economica in cui si trova il paese e la prospettiva di andare incontro ad una situazione instabile anche dal punto di vista politico con un nuovo governo potrebbe aver indotto buona parte della popolazione a rinnovare il consenso per Erdogan e l’AKP.