Roma, 29 gen. (askanews) – Roma, 29 gen. (askanews) – Edifici crollati e trasformati in discariche, pilastri di legno a sorreggere archi e palazzi pericolanti tra gli stretti vicoli della Medina di Tripoli, in Libia, il cui volto storico, artistico e architettonico rischia di essere sfigurato da interventi realizzati da abitanti inconsapevoli del valore del luogo, ma anche da speculatori, che approfittano del caos politico e istituzionale in cui versa il Paese dopo il crollo del regime di Muammar Gheddafi, nel 2011. Appare così la Città vecchia di Tripoli negli scatti realizzati dalla fotografa Hiba Shalabi, 41 anni, e pubblicati sul proprio account Twitter sotto l’hashatag #saveoldcityTripoli. Per sensibilizzare i propri concittadini, perché non scompaia il nucleo originario della città, risalente al VI secolo A.C., ma anche la comunità internazionale, perché intervenga per tutelarlo.
Contattata da askanews, la fotografa ha raccontato di aver avuto l’idea di lanciare la campagna su Twitter quando, “girando per i vicoli per scattare fotografie, ho visto tutte queste case distrutte e le nuove costruzioni”: “Lo Stato non presta attenzione alle condizioni fatiscenti in cui versa la Città vecchia di Tripoli, né al fatto che vengano costruiti nuovi slum al suo interno… le vecchie case vengono demolite per creare spazi vuoti, e antichi siti archeologici sono diventati immondezzai o negozi dove si vende valuta estera, senza che ci sia alcun intervento delle autorità. Molte persone non vi prestano attenzione o non apprezzano nulla che rappresenti l’identità libica”, per cui anche “gli interventi di manutenzione a questi bellissimi edifici viene fatta senza alcuna conoscenza di come intervenire sui monumenti storici. Una città storica e unica che rischia di essere trasformata in una città moderna a causa della negligenza delle autorità”.
Lanciato nelle scorse settimane, il suo appello ha avuto finora un riscontro positivo, ha aggiunto Shiba: “Molti si sono offerti volontari per il restauro, altri hanno offerto assistenza finanziaria. Sono state create pagine su Facebook per pubblicare fotografie e interventi nel tentativo di favorire una maggiore consapevolezza. Anche alcuni giornalisti libici continuano a dedicarsi alla questione pubblicando le fotografie. Vorrei che la mia campagna venisse appoggiata… e l’Italia potrebbe aiutarci molto, perché ha tutta la documentazione e le vecchie fotografie che mostrano vicoli, edifici, moschee, chiese, negozi, mercati e terme. Potrebbe aiutarci con i propri esperti di archeologia, storia e architettura, e formando il personale per il restauro”.
Di fatto l’Italia aveva avviato un percorso di collaborazione con le autorità locali, che si era concretizzato in un convegno tenuto a Tripoli nel 2014, su iniziativa dell’Istituto italiano di cultura di Tripoli, dall’Unesco e dall’ordine degli architetti libici, intitolato “Gestire e conservare le città storiche in Libia”. Nel corso dei lavori erano anche stati discussi 19 progetti per la riabilitazione e il recupero di edifici. Ed era stata allestita la mostra “Razionalismo libico” curata anche dall’architetto italiano Walter Baricchi, referente del Consiglio nazionale degli architetti per i rapporti con la Libia. “E’ dal 2014 che peno – ha raccontato Baricchi ad askanews – perché con la mostra fatta in Libia ho toccato con mano l’attesa, la voglia di conoscere il proprio passato, soprattutto da parte dei giovani universitari. C’era una curiosità enorme senza pregiudizi e poi è svanito tutto. Proprio nei giorni del convegno si è cominciato a sparare e da allora è tutto fermo”.
A ricordare le precarie condizioni di sicurezza in cui versa il Paese anche a Tripoli si è ripreso a sparare, come testimoniato dagli scontri scoppiati all’aeroporto Mitiga nelle scorse settimane.
“Il Consiglio nazionale degli architetti ha un protocollo di intesa con il Libyan Board, ma noi siamo disarmati – ha detto Baricchi – adesso ci sono altre priorità legate alla stabilizzazione del Paese, anche perché nessuno si azzarda a fare alcunché, sarebbero soldi totalmente buttati al vento”. Tuttavia, l’architetto ci tiene a sottolineare che, qualora le condizioni in Libia migliorassero, “io ho tutto il materiale di archivio, le testimonianze storiche. Per ricostruire non c’è alcun problema”.
La città vecchia di Tripoli “era la vecchia Oea di origine fenicia su cui si è impiantata la città romana, e oggi sono ancora discretamente leggibili cardo e decumano – ha raccontato l’architetto italiano – su questa spina dorsale si è impiantata la classica città araba, stretta, con vicoli tortuosi, con un’architettura prevalentemente a carattere ottomano, anche se non mancano inclusioni di tipo occidentale”.
Già nel 2014, in occasione della sua ultima visita a Tripoli, la medina “era molto, molto in decadenza, con vaste zone ridotte a immondezzai, in stato di abbandono”. “Una città molto sofferente, che messa a posto è un capolavoro”, ha sottolineato Baricchi, secondo cui, dopo che quest’anno l’Unesco ha riconosciuto Asmara, la capitale eritrea, patrimonio dell’umanità come “città modernista d’Africa”, anche “Tripoli e Bengasi potrebbero ottenere il riconoscimento Unesco” perché “credo che i nuclei storici di Tripoli e Bengasi, l’unione tra la città ottomana e la città italiana, siano degli esempi veramente singolari”.
La Libia vanta già cinque siti Patrimonio mondiale dell’Unesco: i siti archeologici di Cirene, Leptis Magna e Sabratha, la città vecchia di Gadames e il sito rupestre Tadrart Acacus. Tutti già iscritti, nel 2016, nella lista Unesco dei siti in pericolo, alla luce dei danni subiti e della situazione di conflitto nel Paese nordafricano.