Roma, 4 gen. (askanews) – Il Cairo, e i suoi alleati del Golfo, guardano con sospetto alle ambizioni della Turchia nel Mar Rosso, concretizzatesi lo scorso dicembre in un accordo di affitto per l’isola di Suakin, nel Nord-Est del Sudan. “Credo che l’accordo sia destinato a spianare la strada a una presenza militare turca nell’isola, che è una minaccia per la sicurezza nazionale egiziana”, ha detto all’agenzia di stampa cinese Xinhua Ayman Shabana, vicedirettore dell’African Research Institute dell’Università del Cairo.
Secondo lo studioso, i progetti di sviluppo annunciati da Ankara celerebbero le reali intenzioni della Turchia, ossia stabilire la propria presenza a Sud dell’Egitto, di fronte all’Arabia saudita e nei pressi della regione del Golfo.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha subito smentito di voler costruire una base militare – sarebbe la terza base turca all’estero, dopo quelle in Somalia e in Qatar – su un’isola che fungeva da avamposto all’impero Ottomano. Di fatto, l’accordo prevede la ricostruzione del porto di Suakin, caduto in rovina all’inizio del ‘900 quando venne costruito, più a Nord, Port Sudan.
Secondo il sito Al Monitor, il piano di Erdogan prevederebbe il coinvolgimento dell’Agenzia per la cooperazione turca e del ministero della Cultura e del Turismo per il restauro delle vestigia ottomane ancora presenti sul posto, tra cui un caravanserraglio di 300 stanze.
L’Agenzia di cooperazione turca è già attiva sull’isola dal 2011 e ha restaurato finora le moschee Hanafi e Shafi. Una volta completato il progetto di restauro, secondo al Monitor, i cittadini turchi diretti alla Mecca per il pellegrinaggio islamico potrebbero volare in Sudan per visitare i siti storici e poi raggiungere Gedda via barca, rilanciando così l’antica via dell’umrah.
Durante la sua visita in Sudan, Erdogan ha firmato complessivamente 13 accordi, che vanno dalla costruzione di un nuovo aeroporto nella capitale Khartoum a una zona di libero scambio a Port Sudan, da un porto e cantieri navali per navi militari e civili nel Mar Rosso a magazzini per il grano in diverse località dal Paese, da un’università a un ospedale e a centrali elettriche. E i capi di stato maggiore dei due Paesi hanno deciso di rafforzare la cooperazione militare.
Quali che siano le intenzioni di Ankara, ha detto a Xinhua il docente di Scienze politiche dell’Università del Cairo, Tarek Fahmy, dal punto di vista del Cairo quello che importa è che la regione del Mar Rosso è diventata “un punto di conflitto regionale e internazionale allo stesso tempo”.