Roma, 12 giu. (askanews) – “Arnold Coffee è andata male, ci ho perso dei soldi ma ho ripianato le perdite con le mie azioni della Alfio Bardolla Training Group SpA. Nel 2018 non ho preso alcun compenso, relativo ai diritti di royalties, della Alfio Bardolla Training Group. Ho acquistato la Sogeaf nel 2014 e rivenduta nel 2015, quindi, negli anni successivi non avevo la gestione. Mi hanno accusato di quotare in borsa la società per ripianare le perdite, cosa infondata e assolutamente vietata dal regolamento di Borsa Italiana. Al contrario, ai miei dipendenti ho donato un milione di euro in azioni. Ma soprattutto non ho alcun carico pendente per fallimento e pago le tasse in Italia”. Alfio Bardolla risponde “punto per punto” alle “accuse” che a più riprese gli ha rivolto il settimanale L’Espresso, facendolo apparire come un imprenditore spietato, con aziende in fallimento e che si arricchisce sulle spalle dei propri azionisti. Proprio per tutelare le proprie aziende e i suoi azionisti Bardolla, dopo un periodo di silenzio ed una querela contro la testata ed il giornalista, ha deciso che fosse arrivato il momento di scrivere la verità.
L’imprenditore di Chiavenna, studente alla Cattolica di economia bancaria, finanziaria e assicurativa con indirizzo intermediazione finanziaria, scende quindi nei particolari “smontando” punto per punto i rilievi scritti negli articoli iniziando dagli Arnold Coffee, un’idea rivoluzionaria che anticipa di dieci anni l’arrivo di Starbucks. “Arnold Coffee è andata male? – chiede in maniera retorica Bardolla -, sì ci ho perso un sacco di soldi. L’azienda è in perdita, è vero, non di 6,5 milioni di euro, ma di 4,5 milioni. Il giornalista però si è dimenticato di scrivere che quando ho messo dentro le azioni di Alfio Bardolla Training Group, le ho messe io. Erano soldi miei. Mi sono assunto la responsabilità, e ho reintegrato il capitale, senza chiedere integrazioni ai soci”.
“Il giornalista – prosegue l’imprenditore in una nota – lascia intendere che ci siano dei poveri risparmiatori truffati. Al contrario, chi ha investito in una operazione come Arnold Coffee è un investitore consapevole e, proprio come tutti i venture capital del mondo, è consapevole che per 10 aziende nelle quali credono, 7 vanno male e chiudono (secondo le statistiche della Silicon Valley), 2 galleggiano e 1 guadagna i soldi che permettono agli investitori di andare avanti”. Per l’imprenditore la situazione adesso si complica perché i compratori che avevano mostrato interesse verso la catena hanno ritirato le offerte dopo gli articoli de L’Espresso. “Tutto questo trambusto – aggiunge – ha creato solo danni ai piccoli azionisti. Nonostante questo stiamo cercando di risolverli. Attualmente l’azienda è in concordato, ma questa procedura è stata attivata per permettere all’impresa di uscire da una situazione di difficoltà”.
Riguardo alla Alfio Bardolla Training Group – secondo lo stesso imprenditore – c’è una ulteriore informazione sbagliata che riguarda il denaro incassato dalla venbdita delle royalties. “Ho diritto a delle royalties – sottolinea Bardolla – perché ho dei marchi. Ho sempre avuto dei marchi intestati ad Alfio Bardolla come persona fisica e, quindi, quando costituisci un’azienda e ti quoti in borsa, puoi fare un contratto con l’azienda per l’utilizzo dei marchi stessi. Questa è una cosa normale e verificata in fase di due diligence. Mi sembra normale che un’azienda mi paghi dei marchi, ma dalla quotazione ad oggi non ho percepito altro che il valore della concessione in fase di IPO. L’Espresso ha scritto che nel 2018 Alfio Bardolla si è staccato un assegno di 200 mila euro per i compensi dei marchi. Questa – dice l’imprenditore – è un’altra falsità”.
Lo stesso settimanale poi ha scritto che Alfio Bardolla aveva deciso di quotare in borsa l’azienda per sistemare le sue magagne. “È assolutamente falso – replica – ma vi rendete conto di cosa avete scritto? È un reato, grave! Siamo un’azienda di pubblico interesse, abbiamo più di 1.000 azionisti. Non potete scrivere una cosa del genere, che è assolutamente falsa, vi arriverà una nota. Ma comunque ci sono i bilanci, leggeteli! C’è scritto che la normativa AIM vieta di utilizzare i denari per ripianare delle perdite. Non mi sarei mai potuto quotare in borsa se lo avessi fatto”.
“Perché – aggiunge Bardolla – non avete fatto i conti in tasca ai miei azionisti? A quelle persone che avevano le azioni che valevano 0,30, 0,40 centesimi e si sono quotati a 4 euro? Perché non avete fatto i conti in tasca ai miei dipendenti? Io ho regalato 1 milione di euro per la quotazione, non mi sembra che il giornalista l’abbia scritto. Nei documenti c’è scritto che ai dipendenti ho dato un milione di euro in warrant. Ma il pensare o il dire che Alfio Bardolla faccia perdere i suoi azionisti è una fake news, perché o c’è malafede oppure il giornalista è ignorante e, quindi essendo ignorante, ignora come funzioni il trading. Solo in questo periodo ci sono persone che hanno comprato le azioni a 1,20 e si sono dimenticati di dire che il titolo è andato a 3,70 e, quindi, da 1,20 a 3,70, c’è qualcuno che magari ha fatto il 200%, il 300%”.
L’Espresso – ricorda Bardolla nella nota – scrive inoltre che i risparmiatori che hanno sottoscritto titoli dell’Alfio Bardolla Training Group (Abtg), approdato nel luglio 2017 all’Aim, sono costretti per ora a contare le perdite. “E’ falso che i risparmiatori di ABTG Spa contino solo le perdite – ribadisce Bardolla. Chi ha comprato le azioni a 1.2 oggi è sopra del 35% (prezzo attuale 1,925). Chi ha comprato a 1.5/1.7 ecc. è una falsa rappresentazione del mercato derivante anche dalle false informazioni fornite nel primo articolo”.
Altra questione riguarda il cattivo andamento della società Sogeaf che, per il settimanale, era attribuibile a Bardolla. Nel 2014 è vero che l’imprenditore ha acquistato una quota della società, ma pari solo al 20 per cento circa del capitale, per poi rivenderla l’anno successivo. “Non sono mai stato socio di riferimento di Sogeaf Spa – spiega -, ho avuto una quota per alcuni anni e questo dimostra la mia totale estraneità. Le azioni sono state comprate (400mila da 1 euro ciascuna) il 31/10/13 e vendute (436mila a 1 euro ciascuna) il 11/11/14 pari al 19,80% del capitale sociale. La società doveva avere un fondo UK come investitore ma poi non ha inserito la liquidità richiesta per operazioni immobiliari e quindi sono uscito. Mia sorella è stata per qualche tempo amministratrice e doveva curarsi della parte immobiliare e mio padre aveva una micro quota del 2%. Non avevamo nessuna influenza dominante come provano le carte. Sono entrato e sono uscito”.
La verità per Bardolla è che “l’Italia è un Paese che ha un particolare livore dentro, questa rabbia a cui non davo peso finché non l’ho provata sulla mia pelle. Una rabbia verso qualcuno che ce l’ha fatta e, per questo, si cerca di screditarlo con notizie false, inesatte, sommarie, approssimative e, molte volte, costruite a dovere con il solo scopo di screditare le persone. Sì quello de L’Espresso è stato un attacco personale, gratuito e, soprattutto, senza alcuna base di verità anche perché sono incensurato, non sono mai fallito giuridicamente e pago le tasse in Italia, il mio Paese, nel quale credo nonostante un certo giornalismo approssimativo che punta solo a ‘vendere’ un titolo senza preoccuparsi di danneggiare le persone”.