Torino, 23 nov. (askanews) – “Io credo che la scrittura verbale sia la forma più interessante e più potenziale anche, con più potenza e potenzialità, per mettere in scena e mettere il dito nella piaga di questi argomenti: che cosa è la realtà, che cosa sono io, che cosa siamo entrambi in un flusso di informazioni così vorticoso come quello in cui viviamo adesso”. Raccontare Gianluigi Ricuperati, scrittore, testimone e in un certo senso “progettista” del presente, non è impresa banale. Il personaggio è totalizzante, talvolta irrefrenabile, certamente complesso. La sua mente cerca sempre nuovi ambiti verso i quali muoversi con la rapidità e la voracità di un animale che conosce gli angoli più periferici della foresta del sistema culturale e vuole realizzare il proprio Destino manifesto: essere contemporaneo. Anche attraverso i suoi libri, che restano oggetti letterari diversi, sostanzialmente unici sul panorama italiano. È il caso anche di “Est”, quarto romanzo di Ricuperati, che esce per i tipi di Tunué.
“Questo libro – ha spiegato lo scrittore ad askanews in una conversazione all’interno del suo negozio notturno Faust a Torino – rispetto ad altri, mi ha liberato un po’ del fantasma, ma anche della tristezza un po’ autoimposta del dover innovare, è un libro in realtà d’avventura da un certo punto di vista, è stato scritto in un modo che non esiterei a definire dolcemente miracoloso, nel senso che è stato scritto in trenta giorni, diecimila battute al giorno con l’editor Vanni Santoni che ogni giorno mi rispondeva, quindi è stato veramente un ping pong creativo di altissima densità per me”.
Il libro, come quasi sempre accade con i progetti di Ricuperati, apre finestre su che cosa significa il contemporaneo, sia a livello di arte, e in questo caso in particolare, essendoci al centro della trama un vero e colossale progetto artistico di Ilya Krzhanovsky, ma soprattutto offre delle possibili risposte alla domanda ancora più cruciale: come si sta “dentro” il contemporaneo, come lo si racconta.
“Quello che è successo per me dentro questo libro – ha aggiunto lo scrittore torinese – è l’incontro con Dau, che possiamo certamente chiamare una produzione cinematografica, lo è, ma è una produzione cinematografica che ha lavorato, al contrario di tutte le produzioni cinematografiche normali, sull’idea di costruire una realtà, e poi filmarla. Questo costruire una realtà non apparteneva al livello della sceneggiatura, della scenografia, del fake, anche di qualità, ma apparteneva al regime della vita, il regime violento, brutale, a volte casuale, banale, erotico, interessante, desiderante, pieno di conflitti”.
Realtà, finzione, letteratura, vita: tutto si intreccia in “Est”, che da un certo punto di vista è una grande storia d’amore – di perdita, di difesa e di ritrovamento dell’amore – ma è anche un romanzo “romanzo”, che ci fa capire la porosità dei confini, la loro evanescenza, molto spesso. “Tutto – leggiamo a un certo punto – mi sembrava storto e diritto insieme”. Ecco, il libro è un atto artistico consapevole che ci fa capire come realmente tutto sia “storto e diritto insieme”, in un modo che la finzione sa rendere con effettiva naturalezza.
“La parola letteraria – ha concluso Gianluigi Ricuperati – con la sua libertà di invenzione e il potere dittatoriale che ha la parola sul vuoto, è un enorme strumento, ed è uno strumento che io rivendico in maniera radicale come strumento di libertà: è l’unico momento, è l’unica situazione, l’unico stato in cui vige una totale coincidenza con se stessi, che poi è il tema vero di questo libro”.
Un tema che passa tangente alle vicende personali dello scrittore, qui come mai prima d’ora messosi con il proprio corpo e il proprio sangue dentro la storia, come ha detto anche Santoni, che è un altro degli scrittori “anomali” che raccontano con efficacia il nostro stare nel presente. Ma questa presenza assume l’evidenza che ha solo in virtù del fatto che si tratta di un artificio, di un manufatto, di un libro. Nello stesso modo in cui il progetto artistico di Est – il nome che nel libro viene dato alla rappresentazione di Dau – diventa vero solo grazie al fatto di essere innanzitutto un film. La partita si gioca tutta qui, seguendo Agamben che vedeva l’essere contemporanei come il ritorno a un presente che non abbiamo vissuto: ma è proprio l’arte, e in questo caso la letteratura, che offre sia allo scrittore, sia soprattutto ai lettori, la possibilità di viverlo, questo presente.