Salute Roma, 11 giu. (askanews) – La presenza di un cane, indipendentemente dalla taglia e dalla razza, stimola le persone con la malattia di Alzheimer (AD) a interagire riducendo il loro isolamento sociale e la solitudine: lo dice uno studio realizzato da un gruppo di lavoro multidisciplinare coadiuvato da Fausto Quintavalla, docente del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Università di Parma e pubblicato sulla rivista internazionale Animals. La ricerca, compiuta dal gruppo composto dai docenti dell’Ateneo Giuseppina Basini, Alberto Sabbioni (Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie) e Paolo Caffarra (Dipartimento di Medicina e Chirurgia), dalla psicologa Diana Spinelli e dai medici veterinari esperti in medicina comportamentale e approccio cognitivo zooantropologico Simona Cao e Fiammetta M. Rossi, ha coinvolto 30 pazienti con malattia di Alzheimer e 3 cani coterapeuti. Nell’arco di 12 settimane tutte le persone hanno partecipato a un totale di 24 sessioni di interventi assistiti da animali (AAI), utilizzando diversi test di valutazione: Mini-Mental State Examination (MMSE), Questionario sul Benessere e l’invecchiamento (BEN), facente parte del portfolio BAC-Benessere e Abilità Cognitive nell’età adulta e avanzata, e Alzheimer’s Disease Assessment Scale (ADAS). Un secondo gruppo composto da 10 persone con la medesima malattia ha effettuato gli stessi test di valutazione ma senza avere la possibilità di entrare in contatto con i cani. Le persone che hanno avuto la possibilità di giovarsi della presenza del cane hanno ottenuto un miglioramento complessivo del proprio stato di benessere percepito, anche sul piano cognitivo e mnemonico. Ne consegue che gli interventi assistiti dagli animali contribuiscono al miglioramento del benessere sociale e globale. Dunque un cane, indipendentemente dalla taglia e dalla razza, è capace di stimolare le persone con AD ad interagire riducendone l’isolamento sociale e la solitudine. Tuttavia, due mesi dopo la fine delle sessioni con gli animali, i benefici dell’intervento tendono a diminuire progressivamente, suggerendo quindi la necessità di interventi prolungati nel tempo e correlati alla presenza dell’animale in modo costante nella routine dei pazienti. La malattia di Alzheimer (AD) è la causa più comune di demenza nell’uomo. È stato stimato che in Italia, nel 2020, si siano verificati oltre 500.000 nuovi casi di demenza. La malattia è preceduta da un decadimento cognitivo lieve caratterizzato da una normale attività quotidiana. Con il progredire della malattia, i sintomi diventano più gravi, coinvolgendo nella gestione di questi pazienti anche i loro famigliari (i cosiddetti “caregiver”), stravolgendone la vita per l’aumento del carico nella loro gestione quotidiana.
Alzheimer: studio rivela i benefici dalla presenza di un cane
Ricerca gruppo lavoro multidisciplinare coordinato da Università Parma