Roma, 7 dic. (askanews) – Una telefonata allunga la vita, come recitava lo spot televisivo degli anni ’90. Nei pazienti anziani ricoverati per Covid-19 che possono parlare con i propri cari grazie a un cellulare, meglio ancora se in videochiamata, la mortalità si riduce dal 40 al 20%, a parità di età e trattamento clinico. Lo dimostrano i dati di uno studio presentato in occasione del 65° Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) e condotto su tutti gli anziani ricoverati con Covid-19, dal 29 marzo al 29 aprile, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea di Roma, in un reparto a medio bassa-intensità e quindi fuori dalle terapie intensive e sub-intensive. Purtroppo però la percentuale di chi non ha un telefono aumenta con l’avanzare dell’età e ben il 22% dei ricoverati analizzati non ne possiede uno. I risultati mostrano poi l’esistenza di un divario di genere: le donne sono più fragili in corsia perché hanno a disposizione un cellulare nel 10% dei casi in meno rispetto agli uomini. Il 16% degli anziani di entrambi i sessi non riesce a utilizzare il telefono senza un aiuto, ma poter avere contatti con l’esterno ha ripercussioni positive sul decorso della malattia che andrebbero approfonditi. Gli esperti propongono perciò di mettere a disposizione dei degenti un tablet per connettersi ai parenti, aiutando i più fragili o gli anziani con deficit cognitivi a superare gli ostacoli tecnologici.
“Il rischio di mortalità degli anziani è influenzato dalla solitudine e dall’isolamento, associati a una riduzione della durata della vita simile a quella provocata dal fumare 15 sigarette al giorno e superiore a quella associata all’obesità. Questo rischio è ancora maggiore nei pazienti anziani con COVID-19 ricoverati, perché ai parenti è proibito andare a trovarli in ospedale – osserva Raffaele Antonelli Incalzi, presidente SIGG – . Vietare le visite ha frenato la diffusione dell’infezione da COVID-19 nei reparti ospedalieri, ma l’isolamento ha avuto effetti molto negativi sullo stato di salute fisico e mentale degli anziani. Oltre all’aumento dei tassi di depressione e alla riduzione della qualità di vita, si assiste anche a un incremento della produzione di molecole proinfiammatore e all’abbassamento delle difese immunitarie antivirali. Questi meccanismi biologici innescati dalla solitudine aumentano inevitabilmente la mortalità ma i danni recati alla salute dall’isolamento possono essere smorzati dalla possibilità di utilizzare la videochiamata per offrire una comunicazione di qualità tra gli anziani e i loro familiari e amici. Per questo nel reparto acuto durante la pandemia di COVID-19 dovrebbe essere data a tutti la possibilità di mantenere contatti con l’esterno. In reparto dovrebbe essere a disposizione un tablet e del personale specializzato per aiutare i più anziani a superare gli ostacoli tecnologici che possono derivare da deficit cognitivi, vista insufficiente e nessuna capacità fisica di base per utilizzare l’apparecchiatura da soli: dobbiamo prenderci cura della qualità della vita degli anziani in modo adeguato anche durante questa circostanza drammatica, perché dal benessere anche psichico dei pazienti passa anche la possibilità di un esito clinico migliore”.
“La solitudine degli anziani ha spesso esiti drammatici sulla loro salute e la solitudine più dolorosa è stata registrata nei reparti Covid durante la prima fase dell’emergenza sanitaria. Fra i circa 60 anziani partecipanti allo studio e ricoverati con Covid dal 19 al 29 marzo in un reparto a medio-bassa intensità dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, la mortalità è stata del 40% ma è risultata significativamente ridotta in chi aveva potuto contattare i familiari telefonicamente o con videochiamate durante il ricovero. In questi pazienti in contatto con il mondo esterno, a parità di età e trattamento clinico, la mortalità è stata del 20%, anche se sono necessari ulteriori studi che analizzino le condizioni cliniche dei pazienti – spieganoLaura Tafaro geriatra, all’ospedale Sant’Andrea, Sapienza Università di Roma e Stefano Eleuteri, psicologo, Sapienza Università di Roma, coautori dell’indagine – i dati che abbiamo raccolto dimostrano che all’aumentare dell’età diminuisce la probabilità di avere a disposizione un telefono, in particolare uno smartphone per fare una videochiamata – aggiungono i ricercatori – . Gli uomini hanno più spesso un cellulare e lo usano più delle donne per le videochiamate: il divario di genere ammonta a circa il 10% e vale non solo per il possesso, ma anche per l’uso dello smartphone, più limitato al femminile. In generale tuttavia il 22% dei degenti che abbiamo analizzato non aveva un cellulare e anche chi ne possedeva uno in sei casi su dieci non aveva la possibilità di fare una videochiamata perché si trattava di un vecchio modello senza telecamera. Il 56% avrebbe potuto chiamare i parenti ma l’81% non è riuscito a fare una videochiamata: il 16% avrebbe avuto bisogno di aiuto per usare il telefono, il 10% non riusciva per la presenza di gravi patologie cognitive, il 6% non poteva sentire o parlare a causa del dispositivo per l’aiuto alla respirazione”.