Città del Vaticano, 28 set. (askanews) – Il cardinale George Pell è atteso in Vaticano in settimana dall’Australia. Il prefetto emerito della Segreteria per l’Economia dovrebbe volare da Sidney a Roma domani 29 settembre, a quanto riportato dal Heralds Sun.
Il ritorno di Pell cade a pochi giorni dalla clamorosa defenestrazione del suo “rivale” cardinale Giovanni Angelo Becciu, che giovedì sera il Papa ha dimissionato da prefetto delle Cause dei santi togliendogli anche i privilegi connessi al cardinalato.
Una notizia commentata a stretto giro di posta da Pell per mezzo di un comunicato: “Il Santo Padre è stato eletto per pulire le finanze vaticane. La partita è lunga e bisogna ringraziarlo e fargli le congratulazioni per gli ultimi sviluppi”.
A inizio pontificato il porporato australiano fu nominato da Jorge Mario Bergoglio prefetto della Segreteria vaticana per l’Economia (2014-2019), ma nel 2017, con il beneplacito del Papa, tornò in Autralia per difendersi in tribunale dalle accuse, forumlate dalla Polizia e dalla Procura dello Stato australiano di Victoria, di abusi sessuali su minori. Condannato in primo grado, incarcerato per 400 giorni, è stato scagionato dall’Alta corte australiana alla fine dell’anno scorso, tornando libero. Durante il suo periodo in Vaticano – ora gli è succeduto il gesuita spagnolo Juan Antonio Guerrero – i suoi programmi di riforma delle finanze vaticane e i suoi modi bruschi gli procurarono numerosi nemici ed ebbe con Becciu, in particolare, rapporti tesi. Ora ha concluso il suo comunicato con un auspicio: “Spero che continui la pulizia sia in Vaticano che a Victoria”.
A certificare i cattivi rapporti “professionali” tra Pell e Becciu è stato lo stesso cardinale sardo in occasione di una conferenza stampa di autodifesa dalle accuse di peculato e favoreggiamento che gli ha fatto il Papa in un incontro avvenuto giovedì pomeriggio. “Con il cardinale Pell – ha detto Becciu – c’è stato del contrasto professionale perché noi la vedevamo in un modo e lui voleva applicare leggi che non erano state promulgate. Sapevo che lui ce l’aveva con me e un giorno gli ho chiesto udienza. Lui mi ha ricevuto, ha voluto che fosse presente anche il suo segretario. Mi ha fatto un interrogatorio, se io credevo nella riforma, se ero contro la corruzione, se ero con l’Apsa o con la Segreteria… ci siamo lasciati bene. In un’altra occasione, in presenza del Papa, discutevamo di come usare i fondi della Segreteria di Stato, io davo dei suggerimenti e lui a un certo punto mi ha tacitato: ‘Lei è un disonesto’, ha detto, e io lì ho perso la pazienza. Gli ho detto che i miei genitori mi hanno insegnato l’onestà e che disonesto è il peggior insulto che mi si poteva fare. Il Papa alla fine mi ha detto ‘hai fatto bene’. Ma ricordo anche che quando Pell tornò in Australia (per difendersi in tribunale dalle accuse di pedofilia, ndr.), io gli ho scritto un biglietto così: ‘Cara Eminenza, malgrado i contrasti professionali, soffro per queste accuse e da sacerdote mi auguro che verrà pienamente provata la sua innocenza. La saluto e l’abbraccio’. Se Pell è ancora convinto che io sia disonesto non ci posso fare niente”. Ora Pell torna a Roma.
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