Roma, 23 lug. (askanews) – Un’area rurale della periferia romana che si estende per alcune migliaia di ettari tra la via Aurelia e il mare, ricca di notevoli risorse naturali e paesaggistiche ma caduta nell’oblìo. E’ il territorio di Castel di Guido, il cui spaccato sociale, culturale ed economico è stato scandagliato a fondo dai ricercatori del progetto Welcome che hanno realizzato, per la prima volta, una mappa dei bisogni e delle prospettive sociali attraverso uno studio della comunità locale puntando su identità collettiva, sentimenti di appartenenza, coesione sociale. La ricerca si è svolta da ottobre 2013 ad aprile 2015 e nel 2019 è stata validata dall’Istituto Psicoanalitico per la ricerca sociale. I risultati di questo studio sul welfare civile, realizzato grazie al contributo della Fondazione Roma, sono ora contenuti nel volume, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore Franco Angeli, “Il welfare civile: assetto teorico e prassi metodologica”. L’autrice è Antonella Sapio, con prefazione di Emmanuele Francesco Maria Emanuele, Presidente Onorario della Fondazione Roma e Presidente della Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale.
Dopo un’iniziale diffidenza, l’attiva partecipazione degli abitanti alla ricerca, promossa attraverso l’ascolto di narrazioni spontanee, colloqui, camminate di quartiere, studi di comunità e somministrazione di questionari, ha consentito di acquisire un’approfondita conoscenza del territorio e delle sue criticità. A partire dalla carenza di servizi locali, di spazi di socializzazione, necessità di realizzazione di opere idrico-fognarie (molte famiglie residenti nelle aree Ente Maremma e Residenza Aurelia e adiacenze non hanno acqua potabile), mancanza di allacci al metanodotto (i residenti si approvvigionano con le bombole di gpl), grave carenza di illuminazione pubblica. Il progetto Welcome, nel contempo, ha realizzato un Laboratorio civico, da cui è successivamente stato generato un Comitato civico di quartiere, attività inclusive di agricoltura sociale e un “Museo dell’elefante preistorico”, con resti risalenti a 300.000 anni fa ritrovati abbandonati, nell’ambito di una strategia di emersione e valorizzazione delle potenzialità sociali, ambientali e culturali della zona.