Roma, 21 mag. (askanews) – “L’Italia così come gli altri stati europei non hanno messo in campo i sistemi di contact tracing, si sono mossi molto in ritardo e hanno perso, come gli Stati Uniti, la ‘finestra di opportunità’. Per epidemie di questo genere con un virus che si diffonde così velocemente perché estremamente infettivo, c’è una finestra di opportunità (window opportunity) che è nell’arco delle prime due-quattro settimane dell’infezione. Quando perdi quella finestra il numero di infetti è ormai andato oltre la soglia che ti consente di contenerlo”. Lo dice il professor Marco Salemi, ordinario di Patologia sperimentale alla Facoltà di medicina università della Florida a Gainesville e direttore della Fondazione Holloway. “Ciò non significa che i sistemi di distanziamento sociale siano stati inutili, al contrario. Anche se si è persa la ‘finestra’ il contenimento andava fatto perché altrimenti anziché cinque milioni di casi in giro per il mondo di casi ne avremmo potuti avere tra 30 e 300 milioni, se non di più. Però superata la soglia temporale il contenimento può solo arginare la situazione ma è difficile che la arresti o richiede molto più tempo per arrestarla”. A muoversi in tempo solo Germania e Sud Corea, “ed in parte anche in Giappone. Hanno prodotto e messo sul mercato e rifornito di test la popolazione. E il contact tracing ha funzionato, riuscendo a tracciare la rete capillare di persone infette attraverso il tracciamento di quanti pazienti sono stati esattamente infettati da ogni nuovo paziente diagnosticato, ha fornito i dati necessari per mettere in campo misure efficaci per contenere l’ulteriore diffusione dell’epidemia. E’ così che si hanno dati reali con margini di errore molto basso”.
Vista dagli Usa, l’Italia “tutto sommato ha dato una risposta forte, un buon lavoro. I dati secondo me, però, sono sottostimati. Il fatto che l’epidemia sia stata contenuta nel nord dell’Italia è un grosso successo da non sottovalutare. E’ la prova più evidente che le misure restrittive hanno funzionato”.
“Anche negli Usa – spiega Salemi – la risposta è stata tardiva. Trump dice di esser stato il primo a chiudere la frontiera con la Cina, ma la maggior parte dei voli commerciali dalla Cina è arrivata regolarmente fino a marzo. E poi ha tardato a chiudere le frontiere con gli stati europei. C’è un lavoro di una università Usa – dice Salemi – in cui hanno ricostruito quante volte il virus è stato introdotto negli Usa, e mentre la prima ondata è arrivava dalla Cina, tra febbraio e marzo le nuove trasmissioni sono state causate da pazienti europei, prevedibile dal momento che i voli attivi con i paesi europei sono continuati fino a metà di marzo. Il Sud Corea e la Germania hanno chiuso quasi immediatamente e sono riusciti a contenere l’epidemia. Sono gli unici due stati le cui stime di persone infettate sono, a mio parere, reali, grazie al lavoro accurato di contact tracing (tracciamento dei contatti)”. Salemi dice poi che, comunque, la situazione è migliorata grazie all’intervento dei poli biomedici di grande livello, Università della Florida, John Hopkins University, UCLA (Università della California Los Angeles), Rockfeller che hanno cominciato a mettere in piedi una risposta forte e adeguata. E poi anche perché “le compagnie di assicurazione si sono rese conto che è meglio contenere l’epidemia che improvvisamente dovere pagare le spese sanitarie per milioni di persone”.