Roma, 10 set. (askanews) – Prosecco sì, Prosecco no. E’ polemica infatti dopo che un’azienda vinicola di Valdobbiadene, in una nota stampa, ha spiegato le ragioni per cui dalla sua etichetta, dal packaging e dalla comunicazione commerciale, tradizionale e via web, è stata tolta la dicitura “Prosecco”. Il tutto a poche settimane dall’annuncio della Confraternita di Valdobbiadene di avere avviato una petizione fra i produttori della Docg attraverso la quale chiedere lo scorporo della “Conegliano Valdobbiadene Docg” dal “sistema Prosecco”. Oggi Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela del Prosecco Doc, ha commentato: “la Denominazione Conegliano-Valdobbiadene Docg ha tutto il diritto di decidere del proprio nome, ovviamente anche di rinunciare al termine Prosecco. Quel che trovo inspiegabile è che nel fare questo passaggio tenda a denigrare il lavoro degli altri, della Prosecco doc in particolare, che invece ha lavorato con impegno e, dati alla mano, ne ha sostenuto lo sviluppo. La produzione Conegliano Valdobbiadene Docg è infatti passata dai 60 milioni del 2009 agli oltre 90 milioni di bottiglie attuali. Quindi la crescita della Doc in questi 10 anni, ha favorito anche la Docg sia in termini di volume che di valore”.
Per il presidente della Doc tale posizione avrebbe potuto essere assunta “anche 10 anni fa, con maggior coerenza. In ogni caso uscire in modo così polemico sembra un’accusa a chi invece ha lavorato con impegno per il bene comune, di tutto il sistema Prosecco”.
Il Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG, dal canto suo, risponde in un’altra nota stampa in cui precisa di stare “seguendo il dibattito animato da alcuni produttori circa il nome Prosecco” che discutono in merito a “una opinione che sta circolando nella denominazione e sta trovando spazio nei media, sia locali sia nazionali” secondo cui il nome Prosecco “potrebbe essere considerato ormai superato a favore dell’indicazione della località che esprime il territorio d’origine, nella fattispecie Valdobbiadene”.
Il Consorzio ricorda quindi che a oggi il disciplinare prevede già la possibilità di riportare in etichetta anche solo il nome della località senza la parola Prosecco (ad esempio Valdobbiadene Docg oppure Conegliano Docg oppure Conegliano Valdobbiadene Docg). Il Consorzio di Tutela ha commissionato al Cirve un’indagine sull’etichettatura delle bottiglie di Conegliano Valdobbiadene: il risultato dell’indagine mostra che il 92% riporta in etichetta il termine Prosecco Superiore, oltre al luogo di origine. “Eventuali modifiche del disciplinare – ricorda il Consorzio – prevedono un iter normato dalla legge, normativa europea-italiana, che richiede un ampio consenso dei produttori e l’approvazione del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e del Turismo e della Commissione Europea”.
“Vale la pena però ricordare che nel 2009, quando si mise ordine al mondo Prosecco con la distinzione di DOC e DOCG, tutti i produttori procedevano insieme, mossi dall’idea condivisa di tutelare il nome Prosecco, di garantire una trasparenza del mercato e qualità del prodotto a favore anche del nostro territorio. In particolare, si voleva disinnescare la minaccia di produttori italiani e stranieri che avrebbero coltivato il vitigno altrove e prodotto il Prosecco in tutto il territorio nazionale e anche all’estero. Questi obiettivi sono stati raggiunti ampiamente e il successo derivato da queste scelte è stato un successo di tutti e di cui tutta la denominazione sta godendo. Basti pensare che nel 2009 si producevano poco più di 50 milioni di bottiglie e oggi se ne producono poco più di 90 milioni”. “Il lavoro del Consorzio – chiosa la nota – però non è terminato con il successo commerciale e burocratico di tutela di un marchio ma procede spedito oggi con la valorizzazione della qualità del prodotto e la diffusione tra i consumatori italiani e stranieri della conoscenza del suo territorio d’origine, le colline tra Conegliano e Valdobbiadene oggi insignite del riconoscimento UNESCO”.