Roma, 11 giu. (askanews) – Attenti al mojito, ma anche alla bottiglia di vino a cena. Un piccolo eccesso rischia di diventare una patologia, soprattutto d’estate. L’alcolismo è una malattia sociale silenziosa, che spesso si alimenta di solitudine. Per questo la stagione estiva è insidiosa. Non solo per i giovani, come dimostra la recente Relazione al Parlamento dell’Istituto Superiore di sanità, secondo cui in Italia ci sono 8 milioni e 600 mila consumatori di alcol a rischio, 68 mila le persone alcol-dipendenti prese in carico dai servizi di cura, 4.575 incidenti stradali causati dall’uso di alcolici: i più a rischio sono ragazzi e ragazze tra i 16 e i 17 anni e i cosiddetti ‘giovani-anziani’, le persone tra i 65 e i 75 anni.
Soprattutto a questi ultimi si indirizzano gli sforzi della Riabilitazione da alcol farmacodipendenze (RAF) del presidio ospedaliero Beata Vergine Consolata Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese, alle porte di Torino. Aperta quasi vent’anni fa, è l’unica struttura di qualità “specificamente” dedicata alla Riabilitazione Ospedaliera Alcologica in Piemonte e una delle poche in Italia. «L’allarme lanciato dall’Istituto Superiore della Sanità qualche giorno fa – commenta il primario Alessandro Jaretti Sodano – va preso molto sul serio e non solo d’estate». Questa è la fotografia degli ospiti: «nell’unità riabilitativa del Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese si ricoverano in media 460 pazienti all’anno e sono soprattutto uomini a bassa scolarità, single o separati. Nell’unità operativa RAF l’alcol è la forma di dipendenza più diffusa (96%), ma, quello che più dovrebbe allarmare è la durata della dipendenza, che nel 70% dei casi supera i dieci anni» spiega il primario. Insomma, non siamo di fronte a una malattia “stagionale” ma ad una vera e propria piaga sociale, che d’estate può diventare più purulenta perché aumenta la solitudine e il senso di abbandono. (Segue)