Roma, 16 apr. (askanews) – Una “colla” da utilizzare in caso di fratture non scomposte, una “rete” connettiva ad espansione da iniettare per riparare bacino e vertebre e delle “impalcature” in 3D per far rigenerare le ossa nei casi ancora più gravi.
Sono questi i tre approcci per combattere l’osteoporosi basati su biomateriali innovativi e tecnologie avanzate che sono allo studio nell’ambito di “Giotto”, un progetto europeo del programma Horizon 2020 appena finanziato con oltre 5 milioni di euro per i prossimi quattro anni. Insieme a tredici partner scientifici e industriali di dieci diversi Paesi, tra cui l’Italia, nell’impresa è coinvolta anche l’Università di Pisa con il gruppo ricerca del professor Giovanni Vozzi e dall’ingegnere Carmelo De Maria del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e del centro di ricerca “E. Piaggio” .
“Si tratterà di costruire sistemi intelligenti ritagliati sui singoli pazienti capaci di stimolare la rigenerazione ossea e di rallentare il processo osteoporotico attraverso il rilascio di molecole bioattive che naturalmente prodotte dal nostro organismo diminuiscono però con l’età – spiega il professor Giovanni Vozzi – l’idea in più è di dotare gli impianti di particelle magnetiche in grado di monitorare il processo di guarigione”.
L’osteoporosi è una malattia ossea molto comune e più frequente dopo la menopausa e con l’invecchiamento. Si manifesta quando la matrice ossea diventa più porosa e di conseguenza le ossa diventano deboli e fragili, così fragili che una caduta o anche lievi sollecitazioni come piegarsi o tossire possono causare una frattura.
È stato calcolato – spiega l’Università di Pisa – che una frattura osteoporotica si verifica ogni 3 secondi nel mondo, più comunemente nell’anca, nella colonna vertebrale o nel polso. Dopo una frattura, i pazienti possono perdere la loro indipendenza, soffrire di dolore cronico e diventare depressi, così l’osteoporosi si trasforma in un notevole carico socio-economico, da cui l’importanza di intervenire con politiche e interventi mirati come si propone di fare il progetto appena varato.
“In particolare nell’ambito di Giotto, il nostro compito – conclude Giovanni Vozzi – sarà quello di sviluppare un nuovo sistema di stampa 3D capace di processare i nanomateriali messi a punto nel progetto in modo per creare impianti multiscala e multimateriale da utilizzare nel caso di fratture con grossa perdita ossea. Questi impianti o impalcature saranno principalmente costituiti da collagene e idrossiapatite, presenti naturalmente nelle nostre ossa, più un materiale microplastico che si riassorbirà una volta rigenerato l’osso”.