Torino, 28 mar. (askanews) – “Siete dei tiranni. Vado in galera a testa alta”. Sono queste le parole che ha pronunciato Elmahdi Halili, il 23enne di origini marocchine nato in Italia, quando la polizia si è presentata a casa sua per arrestarlo in una località vicino Torino. Il giovane dovrà rispondere dei reati di partecipazione e associazione terroristica e apologia del reato di attentato terroristico. Di fatto dopo essersi radicalizzato, reclutava su internet adepti e traduceva in italiano materiali inneggianti all’Isis e alla Jihad, con particolare attenzione a attentati con coltelli e furgoni, che stava studiando attentamente su “Rumiyah”, la rivista on line con istruzioni operative per i guerriglieri del Califfato in Occidente.
Conduceva una vita riservata, Halili, all’interno di una famiglia normale, ma svolgeva attività di proselitismo. “L’operazione condotta dalla Digos di Torino, con il supporto dell’antiterrorismo e della polizia postale è scattata per eliminare la minaccia di attacchi, Halili poteva compiere delitti”, ha messo chiarito il questore di Torino, Francesco Messina. L’arresto e stato disposto dal gip su richiesta del pm torinese Antonio Rinaudo.
Nel 2015 il giovane era gia stato condannato a due anni per istigazione a delinquere con finalita di terrorismo, con sospensione condizionale della pena: “Era un soggetto molto motivato, che scriveva veri e propri sermoni, incontrava soggetti radicalizzati, in posti riservati, per lo più appartameni, e non era intenzionato ad alcun ravvedimento”, ha spiegato il questore.
Papà muratore dal 1989 in Italia, mamma casalinga e due fratelli più giovani: la famiglia dell’uomo era normalissima e anzi osteggiava in tutti i modi i suoi comportamenti. “Non voleva che la madre toccasse il suo cibo, e il padre voleva allontanarlo dal suo nucleo familiare” ha riferito il capo della Digos di Torino, Carlo Ambra, che ha coordinato l’indagine fatta con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche.
“Il soggetto in due anni ho avuto un’escalation: da una prima fase di autoindottrinamento è passato ad una fase in cui traduceva in italiano i materiali per coinvolgere altri soggetti. Si autodefiniva ‘un profeta’. Diceva: ‘l’Islam è equilibrio tra amore e odio: amore verso i credenti e odio verso i miscredenti'” ha spiegato Ambra. Di qui il nome dell’indagine “Amore e odio”, che ha portato anche a 12 perquisizioni: 4 a Torino, 2 a Milano, 3 a Modena, una a Bergamo, una a Reggio Emilia e una a Napoli.
Vincenzo Di Peso dell’antiterrorismo ha spiegato che questi potenziali lupi solitari non si trovavano in luoghi di culto “considerati da loro troppo moderati”. Il proselitismo iniziava via web, come ha spiegato Giovanni Di Gregoli della polizia postale: “Halili – ha detto – aveva un approccio graduale con potenziali soggetti che avrebbero potuto diventare violenti in un contesto liquido come l’attuale, se c’era terreno fertile andava avanti. I suoi contatti se non erano radicali venivano cancellati”. Incontrava i suoi proseliti tra Torino e provincia.