Roma, 23 mar. (askanews) – E’ morta dopo essere stata respinta, incinta e gravemente malata, insieme al marito, dalle autorità francesi al confine con l’Italia, e, ricoverata a Torino, dopo aver dato la luce prematuramente al figlio che portava in grembo. A raccontare la storia Paolo Narcisi, presidente dell’associazione Rainbow4 Africa, l’associazione che ha soccorso la giovane donna nigeriana.
La donna e il marito sono stati respinti lo scorso nove febbraio, “insieme a tanti altri – racconta Narcisi – che da mesi tutte le notti vengono respinti dalla gendarmeria francese e poi portati alla stazione di Bardonecchia, alcuni con documento, altri senza fogli di via, altri ancora minori con un documento firmato ‘voglio tornare a casa il prima possibile'”. Lei cercava di raggiugnere la sorella che vive in Francia, perché la sua malattia era peggiorata e voleva assicurarsi che il figlio che aspettava al sesto mese venisse accudito. Era stata colpita da un grave forma linfoma sviluppatosi a causa di una immunodeficienza causata da una trasfusione infetta che aveva fatto in Nigeria ed aveva sviluppato una enorme massa addominale, accusava forti dolori e aveva difficoltà respiratoria. “Sintomi che un poliziotto francese non poteva non notare: non stava in piedi e faceva fatica a respirare”, nota Narcisi. Portata dai gendarmi francesi alla stazione di Bardonecchia, la dottoressa Carola Martino dell’associazione Rainbow4 Africa, riconosciuti subito i problemi di salute ha stabilizzato le condizioni della donna e poi, grazie all’intervento del 118, l’ha fatta ricoverare prima a Rivoli e poi al Sant’Anna di Torino. Qui la donna, nel reparto della dottoressa Tullia Todros è stata trattata con farmaci antiretrovirali per permetterle di allungare la vita e arrivare all’età gestaionale compatibile con la vita. Giunta alla 28esima settimana, giovedì della scorsa settimana, col parto cesareo il bambino è nato prematuro e la mamma è morta in sala operatoria. “Il bambino è molto piccolo ma sta crescendo bene, accudito in modo eccezionale dall’ospedale”, afferma Narcisi.
Dopo la vicenda della guida alpina francese che rischia una condanna fino a cinque per avere soccorso un’altra migrante incinta all’ottavo mese di gravidanza, Rainbow4 Africa ha lanciatro la campagna “Soccorrere non è un crimine”: “In mare, e mi riferisco al pm Zuccaro, e in montagna”, chiosa Narcisi.