Roma, 12 ott. (askanews) – “Dotare i giovani di strumenti per interpretare il mondo circostante ed essere in grado di migliorarlo è tra gli scopi primari dell’istruzione. Ma come è possibile oggi se il mondo che mostriamo ai nostri ragazzi a scuola appartiene ad un’epoca ormai lontana?” Giovanni Lo Storto, direttore generale dell’Università Luiss, interviene con una lettera al Corriere della Sera nel dibattito in corso sull’uso degli smartphone in classe.
“I ragazzi gestiscono le informazioni senza mediazioni, non integrano, non sintetizzano come un tempo. Sono apprenditori seriali – scrive Lo Storto – imparano da fonti multiple, collegano la rete di informazioni e dati con una rapidità sconosciuta ai loro nonni. Basta dunque un computer o uno smartphone in classe? Per nulla, gli studenti hanno bisogno di un indirizzo, di stimoli ad approfondire, di interazioni con altri per creare sinergie inaspettate. Scuola e università servono più di prima”. Per Lo Storto “occorre educare i giovani alla conoscenza utilizzando l’innovazione, degli strumenti e dei processi, sviluppando in loro nuove capacità di ricerca e pensiero logico, design thinking. Gli studenti che vedo ogni giorno in aula non si accontentano di esplorare, ma lavorano per disegnare nuove mappe, tracciare rotte per arrivare a nuove soluzioni. Diamo loro carta matita e gomma per disegnare e cancellare i loro sbagli se necessario. Insegniamo a sbagliare una volta per non sbagliare sempre perchè dagli errori impareranno grandi lezioni di vita”.
“Vince nelle nuove generazioni la voglia di imparare a trasformare il pericolo tecnologico comunque da non sottovalutare in una opportunità di crescita e innovazione. Possiamo quindi essere ottimisti: i giovani – conclude – sono meno sprovveduti di quanto si immagini e con molta più voglia di farehanno compreso il valore della formazione e sono pronti ad apprendere, stfruttando tutti gli strumentui possibili”