Udine, 12 mag. (askanews) – Una ricerca triennale dell’Università di Udine ha scoperto che un particolare gene, l’HDAC9, è coinvolto nello sviluppo dei leiomiosarcomi, tumori rari e particolarmente aggressivi. Studiando le principali alterazioni geniche nei malati di diversi tipi di cancro, i ricercatori hanno scoperto che il 22% dei pazienti affetti da leiomiosarcoma ha una sovrapproduzione del gene HDAC9. Il suo ruolo chiave nella proliferazione del tumore è stato verificato con l’utilizzo di una tecnica innovativa che ha permesso di eliminare il gene dal DNA del leiomiosarcoma, le cui cellule sono quindi ritornate normali perdendo gran parte delle proprietà neoplastiche. Il leiomiosarcoma è un tumore maligno. In Italia rappresenta un quinto dei circa 6 mila nuovi casi di sarcoma (tumori dei tessuti molli) diagnosticati ogni anno, con un’incidenza doppia nelle donne rispetto agli uomini.
Lo studio dell’Ateneo friulano, finanziato con circa 220mila euro dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc), è stato pubblicato dalla rivista scientifica internazionale PLOS Genetics. La ricerca è stata condotta dal gruppo di Biologia cellulare diretto da Claudio Brancolini, del Dipartimento di Area medica, e coordinata da Eros Di Giorgio. Allo studio hanno collaborato anche il Laboratorio di Oncogenomica funzionale del Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano, diretto da Roberta Maestro, e il Laboratorio di Anatomia patologica dell’Ospedale di Treviso, diretto da Angelo Paolo Dei Tos.
Due gli sviluppi della scoperta sui quali i ricercatori dell’Ateneo friulano sono già al lavoro. Innanzitutto, stanno verificando il coinvolgimento di HDAC9 e geni simili in altri tipi di tumore, inoltre sono stati programmati gli esperimenti per identificare nuovi composti con attività anti-tumorale a fini terapeutici che abbiano come bersaglio HDAC9. «Questi studi – spiega Brancolini, docente di biologia applicata – hanno anche svelato la complessità delle regolazioni epigenetiche rilevando come, nel nucleo della cellula, esistano dei sistemi di controllo dell’espressione dei geni ancora non completamente compresi». Un lavoro di ricerca di base che, sottolinea il professore, «è il percorso fondamentale che dobbiamo perseguire per conoscere e curare una complessa patologia genetica quali sono i tumori. Non esistono scorciatoie».
Oltre a Brancolini e Di Giorgio, il team dell’Università di Udine che ha lavorato alla scoperta è composto da Raffaella Picco, Sebastiano Cefalù, Elisa Franforte e Harikrishnareddy Paluvai, studenti del dottorato in Scienze biomediche e biotecnologiche.