Roma, 8 mag. (askanews) – C’era amianto nello stabilimento ECOX da cui si è generato il rogo di Pomezia, la cui nube tossica ha avvolto un’ampia porzione della campagna romana e del nord della Provincia di Latina. Odori acri, bruciore agli occhi, nausea e vomito, queste sono le dichiarazioni di coloro che hanno richiesto aiuto all’unità di crisi costituita dall’Osservatorio nazionale amianto e coordinata da Ezio Bonanni, Antonella Franchi e Antonio Dal Cin. L’attività di assistenza proseguirà nei prossimi giorni con l’auspicio che anche l’amministrazione comunale di Pomezia voglia collaborare con l’associazione, mettendo a disposizione un locale per poter permettere ai volontari di poter ricevere anche in loco.
Fin da subito l’unità di crisi, costituita dall’Ona, si è attivata, con medici, tecnici e avvocati, per cercare di arginare le tremende conseguenze dello sprigionarsi degli agenti tossico-nocivi dal gigantesco rogo che dalla Pontinia Vecchia, in territorio di Pomezia, era percepibile anche a distanza di chilometri.
Non si muore solo di amianto. La combustione di materiale plastico (PVC) provoca la formazione di diossine, che sono cancerogene, e provocano diversi cancri (tanto è vero che è inserita dallo IARC nel Gruppo I dei cancerogeni), come Seveso insegna. Quindi l’Osservatorio Nazionale Amianto lancia l’allarme anche per quanto riguarda le diossine e gli effetti sulla salute umana che si sommano a quelli dell’asbesto e degli altri agenti patogeni e cancerogeni che si sono diffusi nell’ambiente in seguito all’enorme incendio.
L’amianto provoca patologie fibrotiche (asbestosi, placche pleuriche, ispessimenti pleurici) e cancerogene (mesotelioma, tumore polmonare, cancri degli altri organi delle vie aeree e gastrointestinali) con tempi di latenza che possono arrivare fino a 40 anni. Non sussiste una soglia al di sotto della quale il rischio si annulla e anche poche fibre possono essere sufficienti per provocare il mesotelioma e altre gravi patologie.(Segue)