Roma, (askanews) – Un quadro in chiaroscuro quello dell’ecosistema italiano delle start up nate in ambito universitario, che registra indubbiamente molti talenti e capacità individuali ma che fatica a farsi sistema efficiente, principalmente per ragioni di carattere culturale.
E’ quanto emerso durante il convegno annuale di IAG, Italian Angels for Growth, il più grande network nazionale di business angel che si è tenuto nell’Hub romano di LVenture Group e al quale ha partecipato anche Luca Carabetta, vicepresidente della Commissione Attività produttive della Camera, che ha spiegato i piani del Governo per il sostegno alle startup.
Un’occasione per i principali attori – università, centri di ricerca e mondo del Venture Capital – per confrontarsi e cercare soluzioni al gap che ci separa da altri Paesi.
Per Luigi Capello, amministratore delegato di LVenture Group, la strategia vincente dev’essere necessariamente corale: “Abbiamo un popolo talentuoso, abbiamo tanti talenti, il problema di questi talenti è che dobbiamo farli diventare, con i progetti che hanno, delle grandi imprese, per cui dobbiamo creare una catena di crescita, di nascita di questi progetti dalle università, centri di ricerca fino al mercato”.
“Oggi l’Italia è indietro – ha proseguito -, sono state tirate fuori diverse soluzioni come quelle da noi suggerite di supportare gli acceleratori, che sono la congiunzione coi centri di ricerca o con il venture capital propriamente detto, altri hanno sottolineato l’importanza delle università di creare anche dei gruppi di “angels”, come sta facendo la Luiss, che investano nelle startup, in questo caso di startup correlate all’università per cui credo che ognuno di questi attori deve fare un pezzetto affinché si crei una filiera, dal pensiero, dalla creatività, che non manca, fino al mercato”.
Tra i punti di debolezza del sistema Italia, sicuramente la scarsa propensione all’imprenditorialità derivante dal sistema scolastico, ma anche la tendenza a tenere separate le competenze tra chi fa ricerca e chi reperisce risorse sul mercato, che spesso porta anche a inadeguatezza nel fare squadra.
A questo cerca di sopperire Iag, come ha spiegato il presidente Antonio Leone, secondo il quale va sfatato anche un altro mito: “Il ruolo di Iag è di dare garanzia a queste cose, cioè a che si arrivi a dei team preparati e di ragionevoli progetti, quindi non parlo di eccellenze ma di ragionevoli progetti con team preparati. In Italia non c’è nessun problema di finanziamenti necessari per fare impresa, non è vera la storia metropolitana (secondo cui) non si fa impresa perché non ci sono soldi, non si fa impresa perché non c’è cultura per fare impresa”.
Sono tuttavia ormai numerosissime le storie di successo di startup italiane nate in campo universitario il che fa guardare con discreto ottimismo alla capacità del sistema di competere sul mercato. Per citarne una tra quelle più recenti e promettenti della scuderia di LVenture Group, Capello fa il nome di 2HIRE, un device ideale per applicazioni nel campo del car sharing che ha lasciato increduli gli ingegneri delle case automobilistiche.