Roma, 23 mar. (askanews) – Un gruppo di ricerca, coordinato da fisici dell’Università di Trento, è riuscito a misurare lo stress intrappolato nei vetri colloidali, passaggio obbligato per controllare le proprietà meccaniche di questi materiali e aprire quindi la strada a nuovi tipi di vetro per nuove applicazioni.
I vetri utilizzati per gli obiettivi delle macchine fotografiche o per le lenti degli occhiali sono diversi da quelli con cui vengono realizzati i parabrezza delle auto. Differiscono per trasparenza e anche per modalità di rottura (il primo si frantuma e dà origine a grandi schegge, mentre il secondo si infrange in mille pezzi).
Da tempo l’industria conosce e utilizza alcune procedure adatte a ottenere vetri con proprietà specifiche: lente ricotture per le applicazioni ottiche, tempra per vetri che si rompano in condizioni di sicurezza. Queste procedure determinano lo stato di stress interno del vetro, che può essere dunque facilmente minimizzato o massimizzato. Come fare però a controllare in un vetro lo stato di stress in situazioni intermedie perché raggiunga un valore desiderato? Una possibilità questa che consentirebbe di produrre nuovi tipi di vetro per nuove applicazioni.
È su questa domanda che si è concentrato un team di fisici dell’Università di Trento. Hanno studiato dei vetri colloidali, costituiti da palline appena visibili a occhio nudo immerse in soluzione a una concentrazione tale da formare un solido compatto. Attraverso una serie di esperimenti, condotti all’interno del Sincrotrone Petra di Amburgo (Desy, Deutsches Elektronen-Synchrotron), in Germania, i fisici dell’Ateneo trentino sono riusciti a produrre vetri colloidali caratterizzati da uno stress fortemente direzionale, vale a dire materiali in cui le forze intrappolate localmente durante la produzione sono tutte dirette nella stessa direzione. I risultati sono stati pubblicati su “Science Advances”, rivista scientifica online ad accesso aperto e revisione paritaria della American Association for the Advancement of Science con sede a Washington.
Giulio Monaco, direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e coordinatore dello studio, spiega: “I vetri colloidali sono un sistema relativamente stabile. Pensiamo al vetro di una finestra, che può resistere anche secoli. Localmente, però, gli atomi o le particelle sono sottoposti a forze notevoli la cui intensità, distribuzione e direzione, determinano le proprietà meccaniche del materiale e che sarebbe utile poter controllare”. “Misurare l’intensità e la direzione dello stress in un vetro – aggiunge – è un passaggio imprescindibile perché queste forze possano essere controllate e dunque utilizzate per applicazioni in ambito industriale”.
La ricerca è stata finanziata nel progetto europeo CALIPSOplus, Convenient Access to Light Sources Open to Innovation, Science and to the World (programma Horizon 2020).