Bruxelles, 15 dic. (askanews) – Al di là dell’apparente quasi unanimità con cui il Parlamento europeo ha approvato, oggi a Strasburgo la sua reazione alle indagini in corso della magistratura belga nel quadro delle scandalo del cosiddetto “Qatargate”, i negoziati e poi il voto finale dell’Assemblea su due emendamenti controversi hanno dimostrato che l’unità degli eurodeputati non è così forte come sembra. Alcuni europarlamentari, evidentemente, temono che il giro di vite che si prepara possa rendere troppo stringenti le regole di trasparenza e rendicontazione, le barriere contro le influenze indebite e i meccanismi anti corruzione. La vicenda dei due emendamenti rafforza inoltre il sospetto secondo cui lo scandalo “Qatargate” riguardarebbe anche il Marocco, come indicano le ammissioni (riportate oggi dalla stampa) di uno degli indagati in arresto preventivo, Francesco Giorgi, assistente dell’Europarlamento e compagno della vicepresidente greca Eva Kaili, destituita ieri perché coinvolta nell’inchiesta. La risoluzione di Strasburgo è stata approvata con 541 voti a favore, due contrari e tre astenuti, ma sugli emendamenti specifici in questione la plenaria si è spaccata: il primo (emendamento 17) è passato, ma per poco, con 257 voti a favore, 214 contrari e sempre 90 astenuti; il secondo (emendamento 31) è stato invece respinto con 238 voti contro 253 e 90 astenuti. Vediamo allora che cosa c’era nei due testi. L’emendamento 17, che ora fa parte della risoluzione approvata, impegna l’Europarlamento a “garantire la piena trasparenza sull’importo esatto dei redditi accessori” degli eurodeputati, “a vietare qualsiasi finanziamento esterno del personale dei deputati e dei gruppi”, e a imporre “un divieto a livello dell’Ue sulle donazioni da paesi terzi ai deputati e ai partiti politici al fine di colmare le lacune negli Stati membri”. L’emendamento chiede poi “che la Commissione presenti con urgenza una proposta in materia”. Molto più significativo, tuttavia, appare l’emendamento 31, proposto dai Verdi, che esprimeva “profonda preoccupazione per le accuse secondo cui anche il Marocco avrebbe tentato di influenzare” gli eurodeputati, gli ex eurodeputati e il personale del Parlamento europeo “attraverso atti di corruzione”; e chiedeva soprattutto anche per i rappresentanti degli interessi del Marocco “l’applicazione di misure in linea con quelle applicate ai rappresentanti degli interessi del Qatar durante le indagini in corso”, ovvero sostanzialmente un divieto di accesso al Parlamento europeo e chi lavora al suo interno. Bisogna considerare che all’inizio del 2019 l’Ue aveva approvato, con il voto favorevole del Parlamento europeo, una versione rinegoziata degli accordi agricoli e di pesca esistenti con il Marocco. Le attività dei rappresentanti degli interessi del Marocco, a quanto si apprende a Bruxelles, si erano particolarmente intensificate nelle settimane precedenti il voto del Parlamento europeo, il 12 febbraio 2019. La rinegoziazione era stata necessaria a seguito di un ricorso del 2015 del Fronte Polisario contro questi accordi accusati di non tenere conto dei diritti degli abitanti del Sahara occidentale (i saharawi). Il Sahara occidentale è un territorio conteso tra il Marocco e, appunto, il Fronte Polisario, che nel marzo 2019 ha presentato un secondo ricorso contro la nuova versione dei testi. Il 29 settembre 2021 il Tribunale di primo grado della Corte di Giustizia dell’Unione europea ha accolto il secondo ricorso e annullato gli accordi agricoli e di pesca col Marocco, nonostante il fatto che il Fronte Polisario (un gruppo armato) non sia riconosciuto dall’Unione Europea come legittimo rappresentante del popolo saharawi. La sentenza del Tribunale di primo grado, comunque, ha annullato gli accordi agricoli perché non hanno ottenuto il consenso del popolo del Sahara occidentale. La situazione non è ancora stata chiarita in modo definitivo, ma non è difficile immaginare che sia rimasta in primo piano nell’attenzione dei rappresentanti degli interessi del Marocco a Bruxelles e attorno alle istituzioni europee. Inoltre, appare inaccessibile il sito con il risultato del voto nominale del Parlamento europeo del 12 febbraio 2019; una informazione che dovrebbe essere pubblica, ma che potrebbe essere sottoposta a una temporanea censura a causa di indagini giudiziarie in corso.
Qatargate, le spaccature dietro risoluzione dell’Europarlamento
Perché si teme allargamento al Marocco di indagini su corruzione