Roma, 19 ott. (askanews) – Nessun riferimento esplicito all’audio incriminato, né a quello di ieri in cui Silvio Berlusconi parlava dell’affettuoso riavvicinamento con Putin, né a quello di oggi in cui attacca Zelensky e dà una sua personale versione, decisamente filorussa, delle origini della guerra in Ucraina. A sera Giorgia Meloni, dopo una giornata passata lontano dagli uffici della Camera, decide di mettere un punto fermo sulla polemica che rischia di indebolirla sul piano internazionale ancora prima che Sergio Mattarella le dia l’incarico di formare il nuovo governo. Tanto da ipotizzare addirittura che l’esecutivo non nasca affatto se il campo non sarà sgombrato dalle ambiguità. “Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara. Intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo”. Il leader di Forza Italia non viene mai citato. Dopo averne discusso con lo stato maggiore di Fdi, si decide di non dare sfogo allo sconcerto e alla rabbia accumulate nelle ultime ore e allo stesso tempo di non enfatizzare quelle parole puntando piuttosto sul mostrarsi salda e convinta della propria strada. Un fedelissimo la spiega così: “Non penso che Giorgia oggi si sia dedicata agli audio di Berlusconi, ci sono cose più serie”. Una linea che la futura premier sintetizza con queste frasi: “L’Italia con noi al governo non sarà mai l’anello debole dell’Occidente, la nazione inaffidabile tanto cara a molti nostri detrattori. Rilancerà la sua credibilità e difenderà così i suoi interessi. Su questo chiederò chiarezza a tutti i ministri di un eventuale governo. La prima regola di un governo politico che ha un forte mandato dagli italiani è rispettare il programma che i cittadini hanno votato”. Lo stesso Berlusconi prova a derubricare le sue affermazioni, sostenendo che sono state interpretate fuori contesto. Ma che sia in pubblico o in privato, è almeno la quarta volta che le sue dichiarazioni su Putin e sulla guerra in Ucraina sembrano fuori linea. L’audiogate ha creato sconcerto anche in Forza Italia, non solo perché è partita la caccia alla talpa, ma anche perché ha acuito ancora di più la spaccatura interna. Se c’è qualcuno che proprio avrebbe fatto a mano di quelle parole è infatti Antonio Tajani, ‘rivale’ di Licia Ronzulli, ma anche in predicato di diventare ministro degli Esteri. Tanto che in serata si affretta a sottolineare che domani sarà “al summit del Ppe per confermare la posizione europeista, filo atlantica e di pieno sostegno all’Ucraina mia e di Forza Italia”. D’altra parte, economia e politica estera sono i due banchi di prova su cui Giorgia Meloni sa di essere attesa al varco. E il biglietto da visita sarà quel governo che però ancora non si compone. Silvio Berlusconi continua a insistere perché la casella del ministero della Giustizia venga affidata al suo partito, e nello specifico a Elisabetta Alberti Casellati. Non ha cambiato idea, viene raccontato, nemmeno dopo aver incontrato il candidato di Giorgia Meloni, Carlo Nordio, o dopo il colloquio con Matteo Salvini in cui il leader della Lega ha provato a ritagliarsi un ruolo da mediatore. La premier in pectore però taglia corto. “Bisogna camminare dritti, senza distinguo. E per le caselle su cui non c’è intesa, decido io”, avrebbe detto ai suoi. I tempi dovrebbero essere rispettati: venerdì mattina il centrodestra, a dispetto delle ultime turbolenze, si presenterà unito alle consultazioni, Berlusconi incluso. Il governo dovrebbe nascere nel fine settimana mentre la fiducia di Camera e Senato dovrebbe arrivare entro mercoledì.
Meloni corregge linea dopo audiogate:filo Nato o niente governo
Su esecutivo Giustizia tira dritto: su caselle senza intesa decido io