E’ iniziata la corsa al Quirinale

I nomi

MAG 18, 2021 -

Roma, 18 mag. (askanews) – Mancano poco più di 40 giorni all’inizio del semestre bianco, periodo in cui il capo dello Stato, giunto agli ultimi mesi del suo mandato, non può sciogliere le Camere. E mancano circa otto mesi all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. La corsa al Colle, al successore di Sergio Mattarella è cominciata. I due blocchi politici, pur con tutte le loro debolezze – il centrodestra è ad oggi una coalizione, attraversata però da scontri per la leadership e su temi che invece che unire dividono; il centrosinistra non è una coalizione ed è ancora impegnato nei tentativi di creare una alleanza strutturale tra Pd e M5s – cercano di trovare la posizione migliore per lo scatto finale. E per fare questo cercano il campione su cui puntare. Per ora in campo, loro malgrado ma non certo a loro insaputa, ci sono Sergio Mattarella e Mario Draghi.

I due presidenti vengono proposti dalle due squadre a secondo della convenienza. Il centrodestra (pur con la cautela di FdI di Giorgia Meloni) spinge perché al Quirinale venga eletto l’attuale premier. Una scelta tattica evidentemente perché significherebbe la caduta dell’attuale governo e nuove elezioni, che vedrebbero vincente – stando ai sondaggi – il centrodestra con conseguente conquista di Palazzo Chigi. Ma è tattica anche la strategia adottata dal Pd e da una parte del Movimento 5 Stelle, favorevoli alla conferma di Draghi alla guida del governo che avverrebbe grazie alla contestuale rielezione di Mattarella (ipotesi per ora suggerita ma che sembra destinata a prendere più avanti la forma di una richiesta all’attuale capo dello Stato). Tutto per arrivare, è il ragionamento che si fa a sinistra, a fine legislatura e (auspicabilmente) eleggere, con le nuove regole dopo il taglio dei parlamentari, un Parlamento non a maggioranza Lega-FdI-Fi.

E’ insomma in atto uno scontro sugli scenari prossimi, con il tentativo di definire – da parte di ognuno degli schieramenti – una cornice politica che possa assicurare stabilità al Paese, stremato dalla pandemia, e dare sicurezza ai cittadini. Stabilità da cui potrebbe emergere il nome del prossimo capo dello Stato.

Ma il futuro è tutto da scoprire e deve passare innanzitutto per il voto comunale del prossimo autunno. Un appuntamento al quale i due blocchi politici si stanno avvicinando con grande confusione, tra alleanze ancora da definire e candidati sindaci ancora da scegliere.

Per ora il sistema si rivolge naturalmente a queste due figure, non essendo in grado al momento di individuare altro. C’è Draghi che riesce a decidere le azioni necessarie per la ripartenza del Paese dopo la pandemia stando fuori dai condizionamenti di partiti oggi oggettivamente deboli; e Mattarella che ha “imposto” la sua visione con la scelta dell’ex banchiere centrale. Il dibattito, in vista dell’elezione del nuovo presidente, si radicalizza. La sollecitazione verso i due presidenti al momento non deriva, e non può essere diversamente, da disponibilità da loro date. Mattarella, dal discorso di fine anno ad oggi, ha fatto intendere di considerare questo il suo ultimo anno al Colle. Da parte sua Draghi non ha assolutamente replicato e considerato (a partire dalle rare indiscrezioni) la questione. Ma i due continuano ad essere “tirati per la giacchetta”, come fossero gli unici concorrenti in gara. Non è però così. Se per esempio Draghi rimanesse a palazzo Chigi, Mattarella non prolungasse il suo settennato e al Quirinale a gennaio venisse eletto un terzo? I nomi che circolano sono tanti: Gentiloni, Franceschini, Cartabia, Casini, Casellati, Prodi per dirne alcuni. Ma quale che sia il nome del neopresidente (a parte i due di cui sopra) non possiamo dimenticare che certo esistono le dimissioni (chiamate un tempo “di cortesia”) del premier in carica nelle mani del nuovo presidente ma altrettanto esiste la prassi del respingimento di queste da parte di quest’ultimo.

Quindi secondo tale schema Draghi rimarrebbe al governo con un capo dello Stato che storicamente, così almeno accaduto fino ad oggi, è sempre rientrato nell’alveo del centro, del centrosinistra. Ecco allora il problema per Salvini e per tutto il centrodestra. Se non fosse Draghi a salire al Colle quale nome verrebbe indicato da questo schieramento? Esiste un piano B per la coalizione Lega-FdI-Fi per evitare di apparire residuali in un passaggio fondamentale non solo per la politica ma per il Paese nel suo insieme? Un altro elemento di potenziale divisione sul tappeto, a cui una chiave per il suo superamento potrebbe essere data dagli accordi per le prossime elezioni comunali. Accordi che potrebbero essere funzionali, sì, per le prossime elezioni politiche (che Salvini vuole il prima possibile con un governo legittimato) ma soprattutto decisivi per la scelta del nuovo capo dello Stato.

Il quadro che si ha di fronte, e che andrà necessariamente via via chiarendosi nei prossimi mesi, è quindi ora di particolare complessità e non certo indicativo per una elezione rapida, i primi di gennaio 2022 (le Camere vengono convocate trenta giorni prima della data di scadenza del settennato, in questo caso il 31 gennaio).

Parlando di date e scadenze non va dimenticato un altro passaggio significativo, che potrebbe incidere sulle scelte future di Mario Draghi: l’1 novembre 2024. E’ la scadenza dalla carica dell’attuale commissione Ue, guidata da Ursula Von der Leyen. Una casella, quella della presidente del governo comunitario, che molti vorrebbero pronta per l’ex governatore della Bce. Ma allora verrebbe meno la sua presenza al Colleà Insomma la partita per il Quirinale è cominciata e vedremo all’intervallo fra un tempo e l’altro (le elezioni comunali) quale sarà il risultato, e forse allora capiremo come andrà a finire.

Fdv/Int2