Papa Città del Vaticano, 5 ago. (askanews) – C’è un coagulo di interessi politici teso a ‘benedire’ il capitalismo dietro l’opposizione a papa Francesco. Esplosa con l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, sbarcata in Italia già all’epoca degli ‘atei devoti’ cari al cardinale Ruini, la ‘ideologia teocon’ è stata in realtà forgiata da un gruppo di intellettuali cattolici statunitensi all’epoca di Giovanni Paolo II e Ronald Reagan. A ricostruire la trama intellettuale di questa operazione è Massimo Borghesi, professore ordinario di Filosofia morale all’università di Perugia, che nel libro ‘Francesco. La Chiesa tra ideologia teocon e ‘ospedale da campo” (Jaca Book), da poco in libreria, porta alla luce le forzature e le mistificazioni di un cattolicesimo che, negli ultimi trent’anni, ha preteso di essere naturalmente conservatore. L’eredità che perviene a papa Francesco è ‘il risultato di un cattolicesimo che, nel passaggio dall’avversario comunista a quello postmodernista, si lascia dietro le spalle dottrina sociale e nuova evangelizzazione’, scrive Borghesi. ‘Si tratta di un cattolicesimo essenzialmente ‘etico’, polarizzato su alcuni valori fondanti, il cui modello è dato dalla grande alleanza tra Giovanni Paolo II e Ronald Reagan nel corso degli anni 80. Per esso un’alleanza ‘tattica’, determinata da un comune avversario, diventa ideologica, assume veste ontologica. Il cattolicesimo degli ultimi trent’anni è essenzialmente conservatore. Vuole ordine, certezze morali, avversari certi, chiari confini. Non ama essere ‘senza patria’, in partibus infidelium, sulla ‘soglia’ come diveva Peguy. Vuole stare tra i ‘fedeli’, i propri, e combattere senza sosta l’eterna battaglia, priva di sentimentalismi, verso gli infedeli. Questa forma mentis non è solo il risultato di un processo storico ma anche di un processo ideale. A ciò contribuiscono un gruppo di intellettuali che, negli Usa, svolgeranno un ruolo fondamentale nella formazione ideale del cattolicesimo americano, quel cattolicesimo che diverrà pilota per tutto l’Occidente dopo la caduta del muro di Berlino. Tra essi un ruolo di primo piano è svolto da Michael Novak, George Weigel, Richard John Neuhaus’. Borghesi, che ha già ricostruito, sempre con Jaka Book, la ‘biografia intellettuale’ di Jorge Mario Bergoglio, ora si dedica, per così dire, alla biografia intellettuale dei suoi avversari più accaniti. Il filosofo si mostra un po’ indulgente con i due precedessori di Francesco, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, nella sua ricostruzione più vittime che complici del tentativo di questi intellettuali repubblicani di ‘impadronirsi’ del loro pontificato. Ma non manca di raccontare con dovizia di particolari che già negli anni Ottanta ‘le preoccupazioni per l”ordine’ ecclesiale, per un’ortodossia lontana dalle suggestioni ‘sociali’ prevale sulla tensione missionaria e sull’impegno storico. Redemptoris hominis, Laborem exercens, Redemptoris missio rimangono splendidi documenti, manifesti del grande disegno di Giovanni Paolo II, ma, nei fatti, la Chiesa, dalla fine degli anni ’80, mostra di chiudersi in se stessa e di disinteressarsi tanto della missione quanto del bene comune sociale e politico’. La ricostruzione delle biografie e delle idee di quel frangente è avvincente. Se negli Stati Uniti, notoriamente, i cattolici, immigrati irlandesi, italiani, polacchi, erano naturalmente democratici nei primi decenni del 900, nell’era Reagan Novak, Weigel, Neuhaus forniscono gli argomenti teorici ed ideale per traghettare i fedeli nel campo repubblicano. Con notevole disinvoltura e non di rado sconfessando le proprie idee giovanili (Novak aderiva in gioventù al ‘socialismo cristiano’ e avversava il capitalismo), forgiano una sorta di ‘americanismo cattolico’ nel quale, nota Borghesi, ‘viene alla luce un dualismo profondo tra la difesa dei valori della vita, con la lotta all’aborto e all’eutanasia, e la totale accettazione del modello liberal-capitalistico celebrato come espressione diretta della liberrtà personale introdotta nel mondo dal cristianesimo’. Pietra angolare di questa operazione, in particolare, è un paragrafo della enciclica Centesimus Annus di Karol Wojtyla: la lettera esce nel 1991, in concomitanza col crollo dell’Unione Sovietica, e secondo Borghesi nel complesso ‘non si mostrava affatto tenera verso il capitalismo’, ma il paragrafo 42 (‘Si può forse dire che, dopo il fallimento del comunismo, il sistema sociale vincente sia il capitalismo, e che verso di esso vadano indirizzati gli sforzi dei Paesi che cercano di ricostruire la loro economia e la loro società? E’ forse questo il modello che bisogna proporre ai Paesi del Terzo Mondo, che cercano la via del vero progresso economico e civile?’: risposta, con distinguo, positiva), viene usato dai teocon come il ‘manifesto del cattocapitalismo Usa degli anni ’90’. In quegli anni questi intellettuali, scrive ancora Borghesi, si impongono ‘alla coscienza cattolica di fronte all’episcopato e al mondo cattolico sempre più orientato a destra anche a motivo del progressismo etico e relativista sposato dal partito democratico’. E cercano a Roma una sponda: se non è più possibile con l’ultimo Giovanni Paolo II, ‘uno dei più trenui oppositori alla guerra’ in Iraq voluta da George W. Bush, con il suo successore, quel Benedetto XVI al quale, ricorda tra l’altro il filosofo, lo stesso presidente riserva una ‘memorabile’ festa di compleanno alla Casa Bianca nel 2008, durante un viaggio di Ratzinger oltreatlantico, con 250 ospiti tra i quali, manco a dirlo, George Weigel, Michael Novak e John Richard Neuhaus. Sono gli anni di Ratzinger sulla cattedra di Pietro, allarmato per un Occidente cristiano da difendere dal relativismo etico e dal pericolo islamico, e, in Italia, di Silvio Berlusconi al Governo e del cardinale Camillo Ruini alla guida della Conferenza episcopale italiana. Massimo Borghesi restituisce il dibattito politico e teoplogico di quegli anni in una carrellata ricca di luoghi, sigle e personaggi: c’è Marcello Pera (al quale il pontefice tedesco assicura stima senza riserve), Gaetano Quagliariello, Ernesto Galli della Loggia, Ferdinando Adornato, Giuliano Ferrara, c’è la Mondadori che traduce i lavori degli intellettuali teocon, ci sono l’Acton Institute e i Legionari di Cristo: la Chiesa di Ruini ‘appaltava il suo punto di vista sulla storia ad autori provenienti dal mondo liberal, ne riconosceva l’egemonia culturale e politica e otteneva, in cambio, la possibilità di intervenire e di interloquire con la pubblica piazza. Dopo gli anni ’70, caratterizzati dall’egemonia marxista sulla coscienza cristiana, si passava ora a una posizione di subalnternità ideologica alla destra liberal capitalistica’. I cordiali contatti tra le due sponde dell’Atlantico preparano il matrimonio. ‘Quando Novak nel 2003 viene ricevuto da Pera, in qualità di Presidente del Senato, il terreno è ampiamente dissodato. L’Italia, alleata degli Usa nella guerra contro l’Iraq insieme alla Gran Bretagna e alla Spagna, mentre Francia e Germania si tirano indietro, diviene un laboratorio per la corrente teocon’. Ma ‘come ogni teologia politica l”americansmo cattolico’ dipende dalle sorti del potere a cui è legato’: finisce l’era Bush, in Italia tramonta il berlusconismo, e si volta pagina. L’elezione dell’arcivescovo di Buenos Aires, nel 2013, è al contempo colpo di grazia e nuovo carburante. ‘Dopo un trentannio passato a tessere una tela di relazioni e a esercitare una egemnia nella Chiesa, dagli Usa al mondo, l’elite teocon registra un contraccolpo non previsto’. Papa Francesco ribalta prospettiva. ‘Dagli anni ’90 in avanti – scrive Borghesi – la Chiesa è in costante ritirata, combatte in trincea contro la secolarizzazione e il relativismo, dopo avere a lungo creduto che la caduta del comunismo sarebbe stata accompagnata da una generale rinascita della fede tanto all’Est quanto all’Ovest. In questa ritirata, cementata da nuovi bastioni, la Chiesa si autoblinda, si concentra sul proprio essere, preoccpata della sua sopravvivenza. La stessa immagine talvolta usata da Benedetto XVI sulle piccole comunità che, al pari di quelle di San Benedetto, avrebbero rigenerato la fede sembra andare in quella direzione. Diversa è la prospettiva di Francesco’. Che propone una Chiesa ‘ospedale da campo’, aperta a peccatori, diversamente credenti e non credenti, dialogante col mondo, non sapevantata dalla modernità, addirittura capace di assumere su questioni di attualità come l’immigrazione, l’ecologia, finanche alcuni dibattiti etici – ma Borghesi non condividerebbe l’uso del termine – posizioni riformiste, se non progressiste. Un papa, Jorge Mario Bergoglio, che come nota giustamente il professore di Filosofia, prende sulla questione economica – il vero cuore pulsante del dibattito – una posizione ortogonale rispetto al cattocapitalismo statunitense. E’ il pontefice della Evangelii Gaudium, della Laudato si’, della Fratelli tutti, delle critiche alla ‘economia che uccide’, al ‘dogma neoliberale’, agli eccessi del capitalismo, alla la teoria economica del ‘trickle down’, ossia dello sgocciolamento dall’alto verso il basso della ricchezza, dai ceti più abbienti a quelli più poveri, una teoria spesso citata, soprattutto negli Usa, per giustificare il taglio di tasse ai ricchi (‘Avete sentito il teorema del bicchiere’, ha avuto a dire Francesco, ‘è importante che il bicchiere si riempia così poi cade sui poveri che ricevono ricchezze, ma c’è un fenomeno: il bicchiere incomincia a riempirsi e quando è quasi pieno cresce il bicchiere e cresce cresce cresce… e mai c’è la cascata’). Molto opportunamente Borghesi traccia un parallelo tra Francesco e Paolo VI, il papa, tra l’altro, della Popolorum progressio e della Evangelii nuntiandi, encicliche acuminate che non vennero accolte con entusiasmo negli Stati Uniti. E, così come per il passato, anche per il presente il professore prosegue la sua ricognizione intellettuale dei critici di papa Francesco mettendoli in fila con nome e cognome (Loris Zanatta, Ettore Gotti Tedeschi, mons. Carlo Maria Viganò, Roberto De Mattei, Riccardo Cascioli, ecc). Il fronte teocon è stato succeduto da un fronte tradizionalista che ha avuto in Donald Trump un riferimento e un protettore: Bergoglio è confrontato con una ‘singolare commistione tra neotradizionalismo religioso e filocapitalistico’. Che non nasce con lui, ma, come ha mostrato Borghesi nel suo libro, è frutto di una ben concepita operazione culturale e politica che origina negli Stati Uniti trent’anni fa: ‘Gli elementi comuni che permangono, tra teocon e tradizionalisti, sono la celebrazione del modello capitalista e l’avversione totale rispetto a papa Francesco’. Il quale non si fa intimidire. E come ha scritto Cathleen Kaveny, citata da Borghesi, ‘Papa Francesco non sta cercando di cacciare i cattolici conservatori dalla Chiesa. Ma ha fermato decisamente i loro sforzi per espellere tutti gli altri’.
Papa Francesco, il “cattocapitalismo” Usa dietro l’opposizione
Il filosofo Borghesi ricostruisce l'eredità dell'ideolgia teocon