Roma, 27 lug. (askanews) – Dopo anni di missioni informali, l’Università la Sapienza di Roma, il Politecnico di Milano e l’Ateneo di Pavia hanno siglato in questi giorni ad Asmara accordi di cooperazione con l’Università eritrea, volti a rafforzare e ad ampliare una collaborazione che da tempo vede gli studiosi italiani, soprattutto in ambito archeologico, lavorare fianco a fianco con i colleghi eritrei. L’occasione è stata offerta dalla conferenza internazionale sugli studi eritrei, organizzata dal governo di Asmara con la collaborazione dell’ufficio locale del Programma Onu per lo sviluppo (Undp), che la scorsa settimana ha portato nella capitale eritrea decine di studiosi locali e stranieri, chiamati a discutere di migrazione e traffico di esseri umani, della situazione politica nel Corno d’Africa, ma anche di agricoltura, tecnologia, scienze umane, linguistica, letteratura e arte. “Un evento unico”, l’ha definita il numero due dell’ambasciata italiana ad Asmara, il Secondo segretario Diego Solinas, non solo perché “è la prima conferenza di questo genere, ma perché sono accorsi qui numerosi ricercatori e accademici stranieri e la nostra presenza è massiccia: più della metà degli stranieri presenti e dei paper presentati sono italiani”.
L’obiettivo, ha spiegato Solinas ad askanews, è “ridurre il grado di marginalità dell’Eritrea in ambito scientifico-accademico e permettere di conseguenza di dare impulso e maggiore qualità all’insegnamento superiore in Eritrea”, ma anche “attrarre qualche accademico straniero nella veste, magari, di visiting professor”. Di fatto, la conferenza ha permesso di inquadrare in intese formali collaborazioni avviate da anni dalle nostre università . E’ il caso del Professor Alfredo Coppa, paleoantropologo della Sapienza, che da anni guida una missione eritreo-italiana nella Dancalia, zona orientale dell’Eritrea, e che solo il mese scorso ha annunciato il ritrovamento di impronte fossili di circa 800 mila anni fa, che potrebbero essere le prime inequivocabilmente identificabili come appartenenti a Homo erectus. Interpellato da askanews, Coppa ha definito “un grande successo” il convegno tenuto ad Asmara, riferendo di un accordo di collaborazione siglato tra la Sapienza con il College of Arts and Social Sciences di Adi Keih, con cui ha firmato un’intesa anche l’Ateneo di Pavia.
“Ma tutte le nostre missioni archeologiche hanno avuto grande attenzione – ha tenuto a sottolineare Solinas – così come i paper più scientifici sugli studi coloniali e su altre materie molto tecniche, come ad esempio la linguistica”. Perché, oltre a Coppa, da anni lavorano nel Paese anche altri archeologi italiani, come Serena Massa, Alfredo Castiglioni, Andrea Manzo, Caterina Giostra, Susanna Bortolotto, impegnati dal 2011 gli scavi nella antica città di Adulis, situata a Sud di Massaua, da molti considerata la “Pompei africana”. Una missione avviata dal Museo nazionale eritreo, dal Museo di Massaua e dal Centro Ricerche Deserto Orientale, insieme all’Orientale di Napoli, al Politecnico di Milano e all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano. Intervenendo ai lavori della conferenza, gli studiosi hanno sottolineato come sia loro obiettivo non solo riscoprire, studiare e valorizzare i resti archeologici della città , ma anche farne il primo parco archeologico dell’Africa sub-sahariana, a sostegno dello sviluppo turistico della regione.
E dall’antica città di Adulis, il Politecnico di Milano è arrivato a siglare un’intesa con l’Eritrea Institute of Technology di Mai Nefhi per quanto riguarda i settori dell’architettura e dello sviluppo urbanistico, e ha avviato una collaborazione con l’Asmara Heritage Project, alla luce della candidatura della capitale eritrea a patrimonio dell’umanità Unesco, presentata quest’anno e che potrebbe essere approvata nel 2017. Perché Asmara è uscita indenne dai 30 anni di guerra di liberazione e dal conflitto del 1998-2000 con l’Etiopia, mantenendo intatto il patrimonio architettonico modernista e futurista del periodo coloniale italiano, ancora oggi salvaguardato da possibili stravolgimenti urbanistici, ma bisognoso di manutenzione. La designazione Unesco porterebbe denaro, ma anche assistenza tecnica e turismo, quindi sviluppo a uno dei Paesi più poveri al mondo (terzultimo nell’Indice Onu di sviluppo umano).
“Il governo eritreo da tempo riconosce il ruolo centrale che la ricerca svolge nello sviluppo del Paese”, ha detto il ministro dell’Informazione Yemane Gebremeskel nel suo intervento alla conferenza, riconoscendo come obiettivo delle autorità quello di “rafforzare reti di collaborazione e rapporti strutturati” tra le istituzioni del Paese, gli accademici della diaspora e partner stranieri per sostenere una crescita economica “che negli ultimi anni non è stata rapida rispetto al potenziale del Paese a causa della guerra”. Al contempo, il ministro ha rimarcato che la conferenza organizzata ad Asmara ha cercato anche di “sfidare e respingere una narrazione radicata e profondamente negativa dell’Eritrea fatta circolare non solo dai media, ma anche da rispettabili circoli accademici e centri di ricerca”. Una narrazione che è “sfasata rispetto alla realtà del Paese”, ha sottolineato Yemane.
Per il numero due dell’ambasciata italiana, anche la conferenza, come il rilancio dei rapporti bilaterali con diversi Paesi europei avvenuto negli ultimi anni a causa della crisi migratoria, è stata voluta da Asmara per “disarticolare la narrativa internazionale, che presenta l’Eritrea come la Corea del Nord d’Africa, e dare l’immagine di un Paese aperto, trasparente e capace di aprirsi al mondo”. “L’obiettivo si potrà dire centrato se, finita la kermesse, strette di mano e pacche sulle spalle, ci saranno i necessari follow up a questa conferenza”, ha rimarcato Solinas, riconoscendo tuttavia che i lavori si sono conclusi “fra la soddisfazione generale. tanto che la stessa Undp, che ha finanziato l’organizzazione della conferenza con 250 mila dollari, ha già annunciato che è disposta a finanziare, possibilmente con una somma maggiore, anche l’eventuale conferenza dell’anno prossimo”. Insomma, per Solinas “la partecipazione e la qualità degli interventi dall’estero è stata buona, per cui tutto fa supporre che la strada è aperta e che simili iniziative si ripeteranno. Ma questo si potrà giudicare solo in futuro”.