Milano, 16 nov. (askanews) – La sostenibilità agronomica e ambientale della coltivazione del riso è stato il tema, quanto mai attuale, al centro del secondo Congresso Europeo che si è tenuto quest’anno per la prima volta in Italia, a Palazzo Lombardia a Milano. La premessa da cui sono partiti i lavori è che la risicoltura non spreca acqua perché il sistema complesso delle risaie permette di trattenere provvisoriamente l’acqua proveniente dalle Alpi e restituirla successivamente ai fiumi, completando il suo ciclo naturale. Ma in epoca di cambiamento climatico, come può la risicoltura vincere la sfida più importante, quella della risorsa idrica, soprattutto dopo l’eccezionale ondata di siccità di questa estate? Sul tema è intervenuto il dirigente del Dipartimento di agronomia e protezione delle colture del Centro Ricerche sul riso, Marco Romani, che ha approfondito le pratiche agronomiche e le tecniche di coltivazione per un uso sostenibile della risorsa idrica e per la mitigazione delle emissioni di gas serra. Tra le tecniche citate da Romani, c’è la sommersione invernale. Questa pratica agronomica, che consiste nella sommersione degli appezzamenti alla fine della stagione colturale, dall’autunno-inverno fino all’inizio della primavera successiva, consente di ricaricare il livello della falda freatica in una stagione in cui l’acqua è abbondante poiché non necessaria ad altre colture, come quella del mais o della soia. Un altro effetto positivo della sommersione invernale si riscontra sulla degradazione dei residui colturali che, da un lato rilascia nel terreno preziosi nutrienti per la coltura e, dall’altro, riduce le emissioni di metano nell’atmosfera. Anche la pratica Alternate wetting and drying (Awd), che prevede l’alternanza di sommersioni e asciutte nella risaia, si è dimostrata una strategia vincente per mitigare le emissioni di gas serra, visto che contribuisce a una rapida degradazione delle paglie. “Il riso – ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura lombardo, Fabio Rolfi in apertura del congresso – ha plasmato la storia, l’identità, la bellezza di biodiversità di interi territori, penso in particolare alla Lomellina. Produzioni importanti ne troviamo anche nel milanese, nel lodigiano e nel mantovano. Una coltura da promuovere perché ancora oggi genera ricchezza diffusa sul territorio e da difendere dalla concorrenza sleale, in particolare dal sud est asiatico. Nel nuovo Piano di sviluppo rurale per i prossimi cinque anni ci saranno misure specifiche per il riso per supportare la redditività degli agricoltori e promuovere gli investimenti per i risicoltori”. Proprio la tutela della biodiversità animale e vegetale è un altro privilegio che la coltivazione sostenibile di riso può vantare. Durante il Congresso ne ha parlato François Clement, direttore e responsabile tecnico del Centre Français du Riz, in riferimento alla ricchezza floro-faunistica presente nella zona della Camargue, dove le risaie sono in grado di preservare l’habitat delle zone umide e di fungere da terreno di alimentazione e riproduzione, ospitando una moltitudine di specie animali, tra cui anfibi, insetti e uccelli. A Pedro Monteiro, vice presidente di Casa do Arroz, è invece toccato raccontare il patrimonio varietale del riso japonica portoghese, in particolare del Carolino, la cui superficie di coltivazione si estende su circa 30.000 ettari distribuiti nelle aree prossime ai tre fiumi più importanti del Portogallo: Mondego, Tejo e Sado. I portoghesi, definiti “gli asiatici dell’Europa”, possiedono il primato del più alto consumo pro-capite annuo dell’UE, con 200.000 tonnellate di riso bianco consumato. L’Italia è ben lontana dal record portoghese di consumi pro-capite (18 chili contro i 6-7 nostri), tuttavia occorre ricordare che nel 2021 erano oltre 227mila gli ettari coltivati a riso nel nostro Paese con una produzione di oltre 14,6 milioni di quintali. Le principali regioni produttive sono la Lombardia e il Piemonte che insieme coprono il 92% di tutto il riso italiano. In particolare in Lombardia sono 97.800 gli ettari coltivati (con una produzione di oltre 6milioni di quintali) pari al 43,1% del territorio coltivato a riso in Italia. Il Congresso è stata anche l’occasione per presentare agli stakeholder italiani gli obiettivi del progetto di cui sono promotori, Sustainable EU Rice – Don’t think twice. Un programma triennale finanziato con il supporto dell’Unione Europea la cui ambizione è quella di diffondere conoscenza sulla produzione risicola e sugli utilizzi in cucina del riso made in EU e rafforzare la consapevolezza del valore della risicoltura in termini di sostenibilità e tutela delle risorse naturali.
Il futuro del riso in epoca di climate change: la sfida dell’acqua
Al Congresso europeo tecniche per gestione efficiente della risorsa idrica