Salario minimo, le direttiva Ue lascia all’Italia la decisione

Commissario Schmit: Spero che lo vogliano governo e parti sociali

GIU 7, 2022 -

Lavoro Bruxelles, 7 giu. (askanews) – Contrariamente a quanto il suo nome sembra indicare, la direttiva Ue sul salario minimo – sulla quale il Parlamento europeo, il Consiglio Ue e la Commissione hanno raggiunto un accordo in “trilogo” la notte scorsa a Strasburgo – non impone affatto di introdurre per legge un sistema di salario minimo in Italia e negli altri cinque Stati membri (Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia) che prevedono al suo posto sistemi di contrattazione collettiva, né fissa un livello comune dei salari minimi in tutta l’Unione. á La direttiva mira invece a istituire un quadro dell’Ue per rafforzare l’adeguata tutela dei lavoratori garantita dal salario minimo (con criteri armonizzati sulla determinazione e l’aggiornamento dei salari reali, del loro tasso di crescita e del potere d’acquisto), nel pieno rispetto delle tradizioni e delle competenze nazionali, e dell’autonomia delle parti sociali. L’obiettivo principale è quello di colmare le lacune del sistema attuale, in cui molti lavoratori (secondo le stime circa 24 milioni) risentono della limitata adeguatezza e/o delle lacune nella copertura della tutela garantita dal salario minimo, e porre fine così ai casi di persone che, pur lavorando, vivono in condizioni di povertà. D’altra parte, la direttiva sostiene la contrattazione collettiva in tutti gli Stati membri, dato che, sottolinea la Commissione in una nota, “i paesi caratterizzati da un’elevata copertura della contrattazione collettiva tendono ad avere una percentuale inferiore di lavoratori a basso salario, minori disuguaglianze salariali e salari più elevati”. Per questo, è stato fissato per tutti gli Stati membri l’obiettivo di raggiungere una copertura della contrattazione collettiva pari almeno all’80% dei lavoratori salariati (la percentuale è stata aumentata dal Parlamento europeo, la Commissione aveva chiesto il 70%). á Gli Stati membri in cui la ácopertura della contrattazione collettiva è inferiore all’80% dei lavoratori salariati dovranno approvare un piano d’azione in cui saranno indicate le misure per raggiungere l’obiettivo. Durante la conferenza stampa che ha illustrato i termini dell’accordo in “trilogo”, oggi a Strasburgo, Nicolas Schmit, commissario Ue al Lavoro e Affari sociali, ha risposto a una domanda sulle conseguenze per l’Italia. “C’è un dibattito molto largo e intenso che si sta svolgendo in Italia – ha ricordato – riguardo alla questione se si debba rafforzare il sistema di contrattazione collettiva, oppure se non sia tempo di introdurre un sistema di salario minimo” nel Paese. “Noi – ha puntualizzato – non imporremo il salario minimo in Italia, non è questione”. Ma questa direttiva, ha sottolineato il commissario, “è un contributo al dibattito in corso, e ho molta fiducia sul fatto che il governo italiano e le parti sociali, che hanno un ruolo importante da svolgere, arriveranno a un buon accordo per rafforzare la contrattazione collettiva, specialmente per coloro che non sono ben tutelati. E che alla fine – ha auspicato – arrivino alla conclusione che potrebbe essere importante introdurre un sistema di salario minimo. Ma questo sta al governo italiano e alle parti sociali italiane deciderlo”. Schmit ha poi risposto a una domanda su quanto sia effettivamente vincolante la nuova normativa. “Questo – ha spiegato – è una direttiva e ci vuole purtroppo un certo tempo, in questo caso due anni, prima che sia recepita” nelle legislazioni nazionali degli Stati membri. “Ma aldilà di questo aspetto tecnico-giuridico – ha rilevato -, c’è un aspetto politico importante: nel contesto attuale di forte inflazione non bisogna che i salari più bassi siano alla fine vittime di queste tensioni inflazionistiche. Tutti gli economisti considerano che bisogna fare molta attenzione a non andare ora nel senso di una riduzione dei salari reali perché questo ci porterebbe subito alla stagflazione”, la situazione anomala di una forte inflazione in condizioni di stagnazione economica. Con questa direttiva, “anche se non c’è ancora un impatto giuridico diretto perché ci vorrà ancora del tempo per la trasposizione, credo che si dia un segnale molto chiaro sul ruolo dei salari nel contesto attuale caratterizzato da alta inflazione”, ha concluso Schmit. L’eurodeputato tedesco del Ppe Dennis Redtke, correlatore per il Parlamento europeo, ha sottolineato da parte sua che “c’è un obbligo di copertura del 80% dei lavoratori salariati che dovranno essere tutelati da convenzioni collettive; se uno Stato membro non ha raggiunto questo obiettivo deve presentare un piano d’azione con le misure che intende adottare per aumentare la copertura. Non c’è un obbligo per l’impresa singola di firmare una convenzione collettiva, ma sono gli Stati membri che hanno l’obbligo di indicare le misure che prenderanno per conseguire l’obiettivo, se non lo rispettano. E l’obiettivo resta obbligatorio”. Negli Stati membri in cui esistono sistemi di salari minimi legali, il quadro previsto dalla direttiva dovrà comprendere: 1) criteri chiari per la loro determinazione (il potere d’acquisto, tenendo conto del costo della vita; il livello, la distribuzione e il tasso di crescita; la produttività nazionale); 2) l’utilizzo di valori di riferimento indicativi per orientare la valutazione della loro adeguatezza (la direttiva fornisce possibili indicatori, per esempio in termini di percentuale del salario medio nazionale); 3) il loro aggiornamento periodico e puntuale; 4) la garanzia che le loro variazioni e le trattenute rispettino i principi di non discriminazione, proporzionalità, e perseguimento di un obiettivo legittimo. Dovranno essere inoltre costituiti degli organi consultivi ai quali parteciperanno le parti sociali, che dovranno essere coinvolte concretamente nell’aggiornamento dei salari minimi legali. Gli Stati membri dovranno infine raccogliere dati sulla copertura e sull’adeguatezza dei salari minimi e garantire che i lavoratori possano accedere alla risoluzione delle controversie e usufruiscano del diritto di ricorso.áL’accordo del “trilogo” dovrà ora essere sottoposto all’approvazione finale del Parlamento europeo e del Consiglio Ue (a maggioranza qualificata, con il possibile voto contrario della Svezia). Un Consiglio Affari sociali è previsto il 16 giugno a Lussemburgo.