Milano, 19 feb. (askanews) – Quando sale sul palco, in un magnifico completo rosso, si ha subito la sensazione di assistere a un momento importante, a qualcosa di significativo. È una donna minuta, che cammina con il sorriso, ma anche con la consapevolezza dell’età . Poi quando inizia a cantare la sua voce si impossessa completamente della scena, anzi in un certo senso la sua voce era la scena e la rende possibile. Meredith Monk, artista americana classe 1942, è una vera e propria leggenda del contemporaneo, che è arrivata al FOG Festival di Triennale Milano grazie alla collaborazione con Pirelli HangarBicocca, come evento collegato alla mostra di Bruce Nauman. Proprio con Nauman, uno degli artisti chiave del secondo Novecento, Monk ha collaborato a partire dagli anni Sessanta e ascoltandola e vedendo il modo in cui il suo lavoro si manifesta sul palco, complice anche una scenografia perfetta nel suo essere minimale, si capisce il punto comune tra le due figure: il ragionamento sullo spazio non solo come spazio fisico, ma come dimensione più ampia, fatta di suoni, movimenti e corpo. L’energia di Meredith Monk, la forza della sua voce, il modo in cui innesta il contemporaneo su una struttura classica di canto, le articolazioni imprevedibili dei toni, il continuo gioco sui contrappunti: lo spettacolo in Triennale è anche una lezione di molteplicità , nel senso che sarebbe piaciuto a Italo Calvino, il cui Barone rampante scivola sugli alberi di Ombrosa nello stesso modo in cui la voce dell’artista si innalza e si abbassa sul proscenio, una serie di fughe e ritorni che, alla fine, compongo un quadro armonico sostenuto da una grande eterogeneità . Un’immensa foresta sonora che però si regge solo sulla voce di una donna e del suo ensemble, composto da Katie Geissinger e Allison Sniffin, e che ha comunque il respiro di un luogo sconfinato. Il luogo dove l’arte accade. I pezzi di Meredith Monk, le sue canzoni, insistono sulla storia del teatro e sulle lezioni della musica contemporanea, ma anche sulla rimodulazione dell’idea stessa di canto, sul cui allargamento dei confini si regge una pratica di lungo periodo. Ma tutto questo accade con una leggerezza (altra parola calviniana) che però, come ogni vera leggerezza, si regge su una consapevolezza storica e culturale che emerge da ogni passaggio e da ogni scelta di tono. Quella stessa consapevolezza invisibile che alimenta il lavoro di Bruce Nauman, per chiudere il cerchio. Che si può completare anche con un rimando a un’altra leggenda dell’arte americana, come Joan Jonas, se non altro per l’incredibile intensità della figura e del lavoro di entrambe. Il concerto in Triennale è stato un evento per il mondo dell’arte, bastava guardare quanti artisti, curatori, direttori di musei e istituzioni fossero presenti in sala. Un grande omaggio e una grande occasione, per certi versi forse unica, di abbracciare la storia dell’arte contemporanea nel suo divenire, attraverso una figura straordinaria nella sua singolarità come quella di Meredith Monk. (Leonardo Merlini)
Una leggenda dell’arte nel suo divenire: Meredith Monk a Milano
Concerto in Triennale in collaborazione con Pirelli HangarBicocca