Roma, 16 dic. (askanews) – Quando nel Ferragosto del 1943 un terribile bombardamento si abbatté sul centro storico di Milano, la parete nord del refettorio di Santa Maria delle Grazie non crollò. Era quella sulla quale Leonardo aveva affrescato il Cenacolo. Il muro dell’Ultima Cena era stato rinforzato grazie all’acume e all’amore di alcuni funzionari museali italiani con sacchi di sabbia, impalcature di legno e strutture metalliche. La stessa passione che animò altri funzionari e storici dell’arte che salvarono migliaia di capolavori durante la Seconda guerra mondiale. Una mostra alle Scuderie del Quirinale, a Roma, racconta le loro storie che si intrecciano con la storia tragica di quegli anni. Dieci in particolare dal 1936 – anno dell’alterazione subita dal mercato dell’arte all’indomani della stipulazione dell’asse Roma-Berlino – al 1946 – anno dell’inizio delle restituzioni dei beni trafugati dai nazisti con oltre seimila opere ritrovate finora. La mostra, ‘Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra’, resterà aperta fino al 10 aprile 2023 ed è curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli ed organizzata dalle stesse Scuderie in collaborazione con la Galleria nazionale delle Marche, l’Iccd – Istituto centrale per il catalogo e la documentazione e l’Archivio Luce – Cinecittà. É esposta una selezione di oltre cento capolavori salvati durante la Seconda guerra mondiale, oltre che un ampio panorama documentario, fotografico e sonoro – riuniti grazie alla collaborazione di ben quaranta musei ed istituti – per un racconto avvincente ed emozionante di un momento drammatico per il nostro Paese ma altrettanto lungimirante e fondativo per una nuova coscienza civica. Un omaggio alle donne e agli uomini, “eroi silenziosi”, come li ha definiti uno dei curatori – sottolineando come forse alcuni di loro non avrebbero neppure gradito sentirsi chiarare eroi – i quali, nella drammatica contingenza bellica, hanno interpretato la propria professione all’insegna di un interesse comune, coscienti dell’universalità del patrimonio da salvare. Al centro del progetto espositivo l’azione lungimirante di tanti soprintendenti e funzionari dell’amministrazione delle Belle Arti – spesso messi forzatamente a riposo dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò – che, coadiuvati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si resero interpreti di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale. Fra questi Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero, agente segreto e futuro ministro plenipotenziario incaricato delle restituzioni: persone che, senza armi e con mezzi limitati, presero coscienza della minaccia che incombeva sulle opere d’arte, schierandosi in prima linea per evitarla, consapevoli del valore educativo e identitario dell’arte. Storie avvincenti, dunque, dall’alto valore civile, che si dipanano in mostra attraverso tre principali filoni narrativi. Tra questi il racconto del secondo nucleo ‘Spostamenti e ricoveri’ – inizia nel 1939, quando, con l’invasione della Polonia da parte di Hitler, il ministro dell’educazione Giuseppe Bottai mise in atto le operazioni di messa in sicurezza del patrimonio culturale, con la conseguente elaborazione del piano per lo spostamento delle opere d’arte. Da qui si dipanano molte storie: i rapporti tra i sovrintendenti italiani e il Vaticano, l’impegno dei singoli funzionari per inventariare e nascondere i beni culturali nel Lazio, in Toscana, a Napoli, in Emilia e nel Nord Italia, l’impegno fondamentale di curatrici donne, quali Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio ed altre, nonché la razzia della Biblioteca Ebraica di Roma. Tra le figure-chiave di questa sezione figura Pasquale Rotondi, il giovane soprintendente delle Marche che fu incaricato di approntare un deposito nazionale e mise in salvo nei depositi di Sassocorvaro e Carpegna capolavori provenienti da Venezia, Milano, Urbino e Roma, per un totale di circa diecimila opere sotto la sua custodia. Tra i documenti più interessanti quello datato 3 gennaio del 1944 con cui Bartolomeo Nogara, allora direttore dei Musei Vaticani nomina, con 5 righe da lui firmate, Giulio Carlo Argan responsabile di tutti i capolavori italiani lì depositati, quelle opere che arrivarono a Roma in casse trasportate su camion di notte al buio, per sfuggire ai bombardamenti, sotto la guida di Lavagnino cui le aveva affidate Rotondi custode dei depositi marchigiani dove erano ricoverate. Un’occasione unica per ammirare, per la prima volta riunite nello stesso luogo, opere di altissimo valore artistico fortunatamente sopravvissute: dal Discobolo Lancellotti alla Danae di Tiziano Vecellio a Santa Palazia di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, dai celebri ritratti di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez e di Enrico VIII di Hans Holbein il Giovane fino a numerosi capolavori custoditi nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, quali Crocefissione di Luca Signorelli, l’Immacolata Concezione di Federico Barocci e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. In mostra anche circa centoquaranta riproduzioni fotografiche ed oltre trenta documenti storici nonché più di una ventina di estratti da filmati d’epoca; testimonianze significative di una delle pagine più drammatiche della storia del nostro Paese.
Cultura, a Scuderie del Quirinale 100 capolavori salvati da Guerra
Fino al 10 aprile 2023 la mostra "Arte Liberata 1937-47"