Covid, al Policlinico militare del Celio continua caccia al virus

Colonnello Lista: con piano vaccinale possibile abbattere diffusione

FEB 28, 2021 -

Milano, 28 feb. (askanews) – Abbraccia due quartieri di Roma, da Villa Celimontana all’Appio Latino, e nell’imponente struttura del Policlinico militare del Celio, dall’inizio dell’emergenza Covid-19, il dipartimento scientifico è al lavoro: analizza una media di duemila tamponi al giorno e sequenzia il genoma del virus che ha scatenato la prima pandemia dell’era moderna. Sars-Cov-2 è uno dei virus a Rna con il genoma più lungo e complesso, ha oltre 29.000 basi, e si evolve attraverso le mutazioni e la ricombinazione genetica. Piccole continue differenze che si possono individuare nei diversi ceppi, mutazioni tipiche dei virus ad Rna, che cambiano molto facilmente nel passaggio da un soggetto all’altro. Quindi mappare il network del genoma e ricostruire l’albero filogenetico dei campioni di virus isolati è fondamentale per vedere come il virus si muove nel tempo e nello spazio.

Sequenziare regolarmente il genoma è importante su due fronti: dal punto di vista epidemiologico, perché serve a tracciare i ceppi in circolazione, studiare la diffusione, individuare l’origine dei focolai, anche per prevenire la diffusione dei contagi; ma è altrettanto necessario per capire come il virus funziona, monitorare l’evoluzione e cogliere le mutazioni, che potrebbero anche cambiare le proprietà antigeniche (e quindi ridurre la protezione immunitaria) o la virulenza. E quindi per migliorare la diagnosi, la cura, ricalibrare i vaccini. In poche parole sequenziare il virus serve a conoscerlo meglio, per essere pronti a rispondere e magari anche giocare d’anticipo nella lotta contro il virus.

Passati i varchi degli stretti controlli che separano i percorsi Covid dagli altri, si accede al blocco del Dipartimento scientifico. Tre piani, dove, in mezzo a un via vai incessante di medici e tecnici militari, lavorano a pieno ritmo macchinari e computer all’avanguardia: analizzano i campioni, processano ed elaborano dati, macinano fogli che ricostruiscono i lineage di ogni campione di virus, tanti piccoli mattoncini, spazi, linee, sigle e codici, che compongono la carta d’identità di ogni campione. Un lavoro che va avanti dai primi giorni dell’emergenza Covid-19, quando poco si sapeva del virus che teneva sotto assedio Wuhan, e che ora si concentra nella caccia alle varianti. Il colonnello Florigio Lista è un ufficiale medico, guida il dipartimento scientifico del policlinico militare e con il suo staff porta avanti questa caccia al virus. Un’attività fortemente voluta dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.

“Il 20 febbraio è stato identificato il primo paziente italiano con trasmissione locale di Sars-Cov-2, e il virus è stato sequenziato in questi laboratori – racconta il colonnello Lista – A questo primo sequenziamento sono seguiti tutti i sequenziamenti dei campioni, prima di quelli che provenivano dal Nord Italia poi, con la diffusione del virus, da tutta l’Italia; i genoma sequenziati sono stati paragonati anche con quelli di altri pazienti europei ed è in corso uno studio comparato per marcare l’andamento dell’infezione dal punto di vista genetico”.

Il colonnello è nella stanza dei sequenziatori, next generation sequencing, dove vengono analizzati i tamponi positivi con la Pcr, polymerase chain reaction, poi saranno introdotti in un computer che genera i dati da analizzare. E il processo non si ferma mai: “I sequenziamenti si sono susseguiti nel corso dell’estate, fino all’individuazione della prima variante inglese, nella terza settimana di dicembre, a cui poi sono seguiti, a gennaio, altri sequenziamenti, e siamo arrivati all’individuazione dei primi campioni di variante brasiliana in Italia”.

Il Dipartimento scientifico del Policlinico militare ha iniziato a lavorare sul fronte Covid-19 intorno alla terza settimana di gennaio 2020, prima del paziente 1 di Codogno, mettendo a punto la metodica di individuazione del virus attraverso i tamponi molecolari.

“Abbiamo iniziato – spiega il colonnello – da circa qualche decina fino a quasi 2.000 campioni al giorno analizzati. E ormai siamo oltre il migliaio di sequenze nel corso di quest’anno, ma più della metà sono state fatte dal primo gennaio ad oggi. Lo sforzo del Dipartimento in questo momento è infatti concentrato sul sequenziamento per individuare le varianti, perché questo ha riflessi molto importanti sulla sanità pubblica ed è necessario seguire l’andamento dell’infezione”.

La previsione che esce dalle analisi dei dati è all’evidenza: “Ci aspettiamo un aumento relativo di alcuni tipi di variante rispetto ad altri. Già adesso, possiamo fare un piccolo bilancio: la variante inglese la prima volta in Italia è stata identificata nella terza settimana di dicembre, ed era praticamente un’eccezione, oggi invece si calcola che il 20-30% di tutti i campioni positivi abbia questa variante. Quindi, si può immaginare che in due mesi la variante inglese possa diventare maggioritaria. Dobbiamo sorvegliare anche la penetrazione delle altre varianti, soprattutto la brasiliana e la sudafricana, per i riflessi che hanno non solo sull’infettività ma anche sull’efficacia del vaccino. Ma questi sono dati – sottolinea – che devono essere confortati da un’analisi accurata nelle prossime settimane”.

Il colonnello con il suo staff insegue questo virus dal primo giorno, anche in capo al mondo: era in Giappone per riportare a casa gli italiani a bordo della nave da crociera Diamond Princess, in quarantena nel porto di Yokohama, dal 5 al 27 febbraio, con 35 italiani a bordo, tra cui il capitano Gennaro Arma. Un anno dopo ci sono le varianti da combattere e sembra una rincorsa senza fine: “Questa purtroppo è una situazione che abbiamo vissuto 3-4 volte. Pensavamo di avere scalato la montagna e poi una volta arrivati alla vetta ci rendiamo conto che c’è una montagna ancora più grande da scalare. E’ una sensazione che ho avuto il 21 febbraio: tornavamo dal Giappone che avevamo fatto un’impresa, riportare a casa i nostri connazionali, e poi arrivati in Italia ci rendemmo conto che era esploso il caso di Codogno. Stessa sensazione vissuta con la variante inglese, ci siamo sentiti impotenti”, confida, lasciando trapelare sotto il piglio del militare un po’ di amarezza. “Speriamo – aggiunge – di non aver più questo tipo di sensazione, i primi risultati del piano vaccinale potrebbero effettivamente abbattere la diffusione del virus ma soprattutto il problema clinico”. La strategia vincente, che indica anche il colonnello, è chiara: vaccinare.