Basta ego

Parola che ha sempre rallentato la storia del progresso

GIU 17, 2019 -

Roma, 17 giu. (askanews) – (di Paolo Federico, 15 anni)

Da sempre una delle motivazioni principali che hanno reso l’uomo “il dominatore del mondo” è stata la capacità di creare comunità nelle quali una collettività sopravvive insieme, unisce le forze, in cui ognuno sacrifica in parte sé stesso per il bene comune. La storia del progresso dell’uomo è stata però sempre rallentata da una parola: Ego.

L’affermazione dell’ego umano è una delle ragioni scatenanti di conflitti collettivi, causa di guerre. Le contrapposizioni di egoismi, generatrici di diversità e scontro, stanno dirigendo gli uomini verso l’autodistruzione, costituendo un limite invalicabile al progresso e al bene dell’umanità. Il primo obiettivo della vita di ogni uomo è sempre stato realizzare e affermare sé stesso nella propria vita: questo è ego. Eppure, chi è che non vuole affermare e realizzare sé stesso?

“Prima penso a me poi penso agli altri”. Sembrerebbe che chi non crede a questa affermazione sia destinato agli occhi del mondo all’estinzione. Eppure, questo non vale per una madre o per un padre che amano il proprio figlio, per dei fratelli che si vogliono bene, per due persone che si amano… Nella vita arriva un momento in cui un uomo decide di mettere da parte il proprio ego per qualcosa che ritiene più importante di sé stesso e questa cosa si può chiamare: famiglia, patria, amicizia, amore oppure Dio.

Nel corso della storia migliaia di persone si sono sacrificate per tali sentimenti. Ma il vero problema non è l’egoismo di un singolo uomo, ma è quando l’egoismo diventa collettivo, idolo di una comunità intera diretto al dominio delle altre. Negli ultimi tempi avvertiamo sempre più costante la manifestazione di un egoismo globale e virale, capace di arrivare all’autodistruzione del pianeta tramite un folle sfruttamento delle risorse naturali e il costante inquinamento di ogni angolo del pianeta.

Forse è giunto il momento di unire tutti insieme le forze e sacrificare il proprio ego per qualcosa di molto più importante prima che sia troppo tardi: la sopravvivenza della nostra specie e del pianeta terra.

Merita allora evocare la seguente riflessione: “Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta alla sua gestione all’ umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. È un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco” (Rosaria gasparro).