Milano, 20 feb. (askanews) – Per combattere la pandemia è di fondamentale importanza conoscere le dimensioni del fenomeno attraverso l’analisi dei dati, per avere elementi oggettivi per prendere decisioni tempestive. Gli esperti chiedono da mesi alle istituzioni di fornire i dati in maniera completa e trasparente per poter formulare previsioni affidabili utili ai primari degli ospedali e in particolare ai reparti di terapia intensiva, in modo che possano organizzarsi tempestivamente. Ma a distanza di un anno dall’inizio della pandemia, ancora spesso i dati non sono ancora accessibili totalmente in maniera aperta e per quanto riguarda la tempestività delle decisioni, soprattutto nella seconda ondata, la politica “ha tergiversato”. Lo afferma il professor Davide Manca del dipartimento di Ingegnaria Chimica del Politecnico di Milano, che pubblica dall’inizio dell’esplosione dei casi di Covid 19 un bollettino sul Covid utiizzato da numerosi primari di ospedali italiani. Avere a disposizione i dati, osserva Manca, serve non solo a capire che cosa è successo, ma è utilissimo soprattutto per capire che cosa succederà. E quali misure intraprendere, nella maniera più tempestiva possibile: la rapidità di decisione dei provvedimenti, non solo i lockdown, è fondamentale per limitare la diffusione di un virus che si propaga in maniera esponenziale.
“Quando ebbe inizio la pandemia venni contattato da una serie di primari di rianimazione degli ospedali della Lombardia, in primis il Carlo Basta – spiega ad Askanews il professor Manca – che mi chiedevano di riuscire in qualche modo a predire il tasso di occupazione delle terapie intensive e come questo sarebbe incrementato con la dinamica evolutiva della pandemia stessa”.
“I primi giorni – ricorda Manca – furono estremamente complessi. C’era un’ignoranza in tutta la comunità scientifica assoluta e c’era una necessità di conoscenza, di comprensione, non soltanto a livello italiano ma anche europeo. Anche l’associazione di anestesiologia e rianimazione europea era interessata a capire la dinamica evolutiva, anche perché l’Italia era in anticipo rispetto agli altri Stati. La necessità principale era capire il tempo con cui i letti in terapia intensiva si sarebbero raddoppiati, e la conseguente richiesta l’afflusso di pazienti in terapia intensiva”. “Si è capito subito che la pandemia cresceva con una velocità esponenziale, un raddoppio in due giorni, due giorni e mezzo. Velocità elevatissime”.
Che cosa si è capito dopo un anno di pandemia? “Quello che avremmo dovuto comprendere, non soltanto come comunità scientifica ma soprattutto come comunità politica – osserva Manca – è occorre fare scelte tempestive, non con cadeza settimanale o mensile. Già agli inizi di ottobre a politica avrebbe potuto comprendere l’imminente ritorno, poi avvenuto, di una crescita esponenziale come la prima ondata, ma ha tergiversato, probabilmente perché non contornata adeguatamente da persone esperte di aspetti matematici, di che cosa sia la dinamica evolutiva, per riuscire a prevedere, ad anticipare. Ogni giorno conta. In alcune nazioni europee questo è avvenuto, in Italia no”.