Roma, 29 nov. (askanews) – Il commercio internazionale di prodotti alimentari e agricoli, cresciuto notevolmente negli ultimi decenni, può essere “un acceleratore di cambiamenti indesiderati nei modelli alimentari, aumentando il consumo di alimenti con basso valore nutrizionale e ricchi di grassi, zucchero e/o sale”. E’ quanto emerge dal rapporto The State of Agricultural Commodity Markets (SOCO) 2024 della Fao, pubblicato oggi.
Il rapporto sottolinea la necessità di rafforzare la coerenza delle politiche tra i settori del commercio e della nutrizione per garantire che il commercio non comprometta la qualità della dieta e non contribuisca all’aumento dei tassi di obesità e sovrappeso. Con l’aumento dei redditi, infatti, la domanda di importazioni di alimenti ultra-processati aumenta ancora più rapidamente.
Tra gli aspetti positivi, il commercio internazionale raddoppia in media la diversità di alimenti disponibili in un paese, catalizzando una maggiore diversificazione dell’offerta alimentare e delle diete, il che rappresenta un vantaggio netto per gli obiettivi nutrizionali, soprattutto nei paesi con geografie meno diversificate come Kiribati o Norvegia. La diversità guidata dal commercio porta anche a una distribuzione più equa di nutrienti come vitamina C, calcio e zinco, il che è fondamentale, dato che la produzione alimentare nazionale di molti paesi non soddisfa i requisiti nutrizionali delle loro popolazioni. Ancora, i prezzi dei prodotti alimentari tendono a essere più bassi nei paesi aperti al commercio.
Sebbene però il commercio alimentare sia una pietra angolare della sicurezza alimentare, in alcuni contesti può produrre effetti indesiderati, in particolare l’obesità.
Secondo il rapporto, un aumento del 10% del reddito si traduce in un aumento dell’11% della domanda di importazioni di alimenti ultra-lavorati e in un aumento del 7% della domanda di importazioni di alimenti non lavorati e minimamente lavorati. Il commercio pro capite di vitamina C e calcio dagli alimenti è aumentato di quasi il 90% tra il 2000 e il 2021. Gli alimenti ultra-elaborati hanno rappresentato il 7% delle calorie scambiate a livello globale e il 12% delle importazioni alimentari nei paesi ad alto reddito nel 2021. In termini monetari, il valore degli alimenti ultra-elaborati importati era molto più grande della loro quota calorica.
In conclusione, mentre la liberalizzazione commerciale ha numerosi benefici per la sicurezza alimentare, permangono dubbi sul fatto che essa favorisca diete sane. Il rapporto SOCO 2024 rileva anche che gli accordi commerciali regionali con un elevato numero di disposizioni sanitarie e fitosanitarie tendono ad aumentare le importazioni di alimenti ultra-processati, che sono anche notevolmente più sensibili alle variazioni di reddito.