Innovazione e Diplomazia ambientale: ingredienti per la centralità strategica dell’Asset Mare – askanews.it

Innovazione e Diplomazia ambientale: ingredienti per la centralità strategica dell’Asset Mare

Approfondimento di Federico Ottavio Pescetto, Direttore Generale ONTM
Set 27, 2024
Roma, 27 set. – Trattare della centralità strategica dell’Asset Mare per il nostro Paese e, conseguentemente, del ruolo che possono e devono giocare la diplomazia ambientale e l’innovazione, sia essa tecnologica o economico-sociale, richiede una presa di coscienza del contesto storico in cui il Sistema Italia si trova oggi.
Partiamo da quello che dovrebbe essere un assunto, se non ovvio, condivisibile: con i suoi oltre 8.000 chilometri di coste e una posizione geografica privilegiata al centro del Mediterraneo, il nostro Pease dovrebbe essere il principale interlocutore tanto per i Paese europei, quanto per i paesi non europei – pensiamo a tutta l’area M.E.N.A. (Middle East and North Africa) – con interessi nel Mediterraneo.
È così? Rispondere positivamente potrebbe tradire – nel migliore dei casi – una nota di eccessivo ottimismo e sopravvalutazione dell’Italia nell’attuale panorama geo-politico e geo-economico internazionale. Ma è sempre stato così? No. Sarà per sempre così? Anche qui, penso proprio di no.
L’attuale panorama geopolitico internazionale ha costretto il nostro Pease a una presa di coscienza importante: il mondo si evolve anche in modi che non vorremmo aspettarci, minando le nostre certezze e sicurezze e costringendoci a rivedere il nostro approccio al contesto che ci circonda. In questo scenario, vista la centralità geografica del nostro Pease all’interno del Mediterraneo, il Mare rappresenta una risorsa fondamentale che può e deve essere valorizzata nell’interesse dell’intero Sistema Italia, tendendo a un modello integrato sostenibile, dove le istante di tutela dell’ambiente, quelle di salvaguardia della collettività e, infine, quelle di sviluppo economico possano trovare una sintesi efficace, che permetta la prosperità del Paese anche a vantaggio delle future generazione, di cui tanto si parla, ma di cui spesso non ci si cura nella definizione di quelle che potranno essere le politiche di effettivo e concreto sviluppo dell’Italia.
Questa presa di coscienza ha portato il nostro Paese a volgere al Mare una ritrovata attenzione. Basti ricordare lo sforzo del Ministro Musumeci e della sua squadra nella predisposizione del Piano del Mare, un documento sicuramente programmatico, perfettibile, ma a cui deve essere dato un grande merito: per la sua redazione il Governo, per il tramite del Comitato Interministeriale per le Politiche del Mare, ha dato voce e riunito intorno allo stesso tavolo, in una lunga sessione di audizioni ministeriali, la quasi totalità degli attori di quello che possiamo definire il Cluster Mare: quel gruppo eterogeneo di soggetti appartenenti al mondo istituzionale, dell’economia e della ricerca che possono e devono essere inquadrati quali i principali portatori di interesse della centralità del Mare nel strategia del nostro Paese.
Ma non solo. Pensiamo anche al Polo Nazionale della Dimensione Subacquea della Spezia, discendente dalla Legge di Bilancio 2023, e istituito con Decreto del Ministro della Difesa, firmato anche dal Ministro dell’Università e della Ricerca e dal Ministro per l’impresa e il Made in Italy nel mese di ottobre 2023. Polo Nazione della Dimensione Subacquea all’interno del quale trovano posto esponenti del comparto non solo militare, ma – soprattutto – civile del Cluster Mare, che è chiamato a contribuire quale vettore trasversale in grado di apportare le istanze del mondo economico, della ricerca e delle altre istituzioni del Paese in quello che è oggi chiamato “dominio underwater”, ossia all’insieme di tutte quelle attività e capacità che riguardano l’ambiente subacqueo, inclusi i mari, gli oceani e le altre acque interne.
Questi sono solo due esempi di questa ritrovata attenzione verso il Mare per gli interessi strategici del nostro Paese. Un Paese fatto di porti che possono essere considerati veri e propri hub di connessione tra l’Europa e il resto del mondo, i quali devono giocare un ruolo cruciale nel porre al centro dell’Europa l’Italia, favorendo gli scambi commerciali e promuovendo l’integrazione economica con gli altri paesi.
È necessario, dunque, sviluppare una strategia integrata che, valorizzando tutte le componenti del Sistema Mare, sappia coniugare crescita economica e sostenibilità. In un contesto globale in continua evoluzione, caratterizzato da nuove e difficili sfide economiche, ambientali e geopolitiche, l’Italia deve saper cogliere tutte le opportunità che il Mare le offre, consolidando il proprio ruolo di protagonista nel Mediterraneo. Investire nell’economia del mare significa investire nel futuro del Paese, rafforzando la nostra competitività, la nostra capacità di attrazione, il nostro ruolo strategico per gli interessi europei, promuovendo al contempo la coesione sociale e territoriale. È una sfida che ci chiama a una nuova responsabilità e che richiede il contributo di tutti: istituzioni, imprese e cittadini.
Una sfida entro cui un ruolo fondamentale è giocato dalla diplomazia ambientale, intesa come l’arte di costruire relazioni e alleanze su temi legati alla sostenibilità, la quale non può evidentemente essere intesa solo nella sua accezione più tecnica, nella sua dimensione delle relazioni internazionali, ma quale leva strategica per promuovere un confronto tra Istituzioni, mondo economico e collettività, al fine di tendere a un equilibrato contemperamento tra le esigenze di tutela dell’ambiente, di salvaguardia della collettività e di sviluppo economico sostenibile; il tutto, con il fine precipuo di garantire la centralità al nostro Paese all’interno del quadro geopolitico internazionale.
Ma non solo. Un’efficace attività di diplomazia ambientale non può prescindere da un concreto impegno nell’elaborazione di contributi di valore che possano svolgere un ruolo strumentale, di contenuto, in questa opera di sintesi finalizzata allo sviluppo del Paese. Il riferimento è all’innovazione, sia essa tecnologia, o economico-sociale. Solo sviluppando un’efficace e concreta capacità di integrare tecnologie avanzate in nuovi modelli produttivi, sociali e socio-economici sostenibili può creare i presupposti per migliorare l’efficienza e la competitività del sistema Paese, rispondendo – altresì – in modo più efficace alle esigenze di sostenibilità e inclusione.
Diplomazia ambientale e innovazione tecnologica sono, quindi, due facce della stessa medaglia: strumenti indispensabili per costruire un futuro in cui crescita economica, sostenibilità e benessere sociale possano coesistere. È una sfida ambiziosa, ma l’Italia ha tutte le risorse e le competenze per vincerla. Quello che è forse mancato negli ultimi anni è stata la consapevolezza di questa possibilità. Ma la strada che è stata intrapresa dal Governo, il fermento del mondo istituzionale – pubblico e privato – intorno a questa ritrovata attenzione verso l’Asset Mare, nonché, gli sforzi di quella parte del mondo economico oggi sempre più impegnato nel pensare nei termini di Sistema Paese, fanno sperare che l’Italia possa finalmente convincersi di poter essere un modello di sviluppo a livello globale.