Roma, 27 mar. (askanews) – Quando nel 1992, durante la sua trasmissione “Alta classe” su Rai Uno, un Massimo Troisi in forma smagliante disse “Invidio quest’uomo per la sua agendina telefonica”, quella dell’attore napoletano fu una battuta geniale, ma era anche un dato di fatto. In una battuta tutti i contatti che in una vita di giornalismo Minà – morto a 84 anni per un arresto cardiaco, come hanno comunicato i familiari sui suoi profili social – aveva coltivato. Torinese di nascita, romano di adozione, Minà ha realizzato centinaia di reportage per la Rai, ha ideato e presentato programmi televisivi, girato film documentari su Che Guevara, Muhammad Ali, Fidel Castro, Rigoberta Menchú, Silvia Baraldini, il subcomandante Marcos, Diego Armando Maradona. E’ stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015. Ha seguito otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli storici dell’epoca di Muhammad Ali. Ha anche realizzato una Storia del Jazz in quattro puntate, programmi sulla musica popolare centro e sudamericana (come ad esempio “Caccia al bisonte” con Gianni Morandi) e una storia sociologica e tecnica della boxe in 14 puntate, intitolata Facce piene di pugni. Incominciò la carriera giornalistica nel 1959 a Tuttosport. Poi la Rai, le Olimpiadi di Roma, Sprint, diretto da Maurizio Barendson, tante rubriche che hanno evoluto il linguaggio giornalistico della televisione. È stato tra i fondatori dell’altra domenica con Maurizio Barendson e Renzo Arbore. Ha raccontato negli anni 70 la grande boxe e l’America dello show-business, ma anche i conflitti sociali delle minoranze. Espulso dall’Argentina per aver fatto domande sui desaparecidos durante i mondiali del 1978 negli anni 80 lanciò Blitz su Raidue con partecipazioni quali Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Betty Faria, Gabriel García Mßrquez, Enzo Ferrari, Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Léo Ferré e Tito Schipa Jr. Nel 1987 intervistò una prima volta per 16 ore il presidente cubano Fidel Castro, in un documentario dal quale è stato tratto un libro pubblicato in tutto il mondo. L’intervista fu ripetuta nel 1990, dopo il tramonto del comunismo. Per Alta classe nel 1991 i profili di profili di grandi artisti come Ray Charles, Pino Daniele, Massimo Troisi e Chico Buarque de Hollan. Fra i documentari di maggior successo, alcuni di carattere sportivo su Nereo Rocco, Diego Maradona e Michel Platini, Ronaldo, Carlos Monzón, Nino Benvenuti, Edwin Moses, Tommie Smith, Lee Evans, Pietro Mennea e Muhammad Ali, che Minà ha seguito in tutta la sua carriera e al quale ha dedicato un lungometraggio intitolato Cassius Clay, una storia americana. Poi tanti reportage sull’America latina e nel 2001 Minà ha realizzato Maradona: non sarò mai un uomo comune un reportage-confessione di 70 minuti con Diego Maradona alla fine dell’anno più sofferto per la vita dell’ex calciatore. Con Alberto Granado nel 1952, attraversarono in motocicletta l’America Latina, partendo dall’Argentina e proseguendo per il sud del Cile, il deserto di Atacama, le miniere di Chuquicamata, l’Amazzonia peruviana, la Colombia e il Venezuela. Dal 1996 al 1998 il programma televisivo Storie, dove intervennero tra gli altri il Dalai Lama, Jorge Amado, Luis Sepúlveda, Martin Scorsese, Naomi Campbell, John John Kennedy, Pietro Ingrao. Nel 2008 ha prodotto il film documentario Cuba nell’epoca di Obama. Nel 2015 Minà ha prodotto Papa Francesco, Cuba e Fidel, un reportage sulla storica visita del Pontefice argentino avvenuta a Cuba nel settembre del 2015 e con il quale ha vinto, nel 2016, l’Award of Excellence all’ICFF di Toronto, Canada. Si era ritirato nella sua casa di Roma, con le donne della sua vita: Loredana Macchietti, moglie ma anche giornalista e manager del marito, e le due figlie (la terza vive in Messico).