Psicologi: liberi professionisti più a rischio per la salute mentale – askanews.it

Psicologi: liberi professionisti più a rischio per la salute mentale

Indagine di Fiscozen per la Giornata mondiale della salute mentale
Ott 10, 2025

Milano, 10 ott. (askanews) – . La categoria professionale più esposta al rischio di sviluppare problemi di salute mentale legati al lavoro è quella dei liberi professionisti, con ansia, stress e burnout tra le manifestazioni più diffuse. Parola di psicologi, che, nell’86% dei casi, hanno registrato tra i pazienti un aumento di disturbi maturati in ambito professionale negli ultimi cinque anni. Tra le cause più citate troviamo la precarietà, l’eccessiva competizione e sovraccarichi di impegni e responsabilità. Nella lista delle categorie più a rischio, seguono i lavoratori dipendenti del settore privato e quelli del pubblico, staccando nettamente dirigenti, manager e imprenditori. È quanto emerge da un’indagine effettuata dalla tech company Fiscozen che ha indagato, intervistando 237 psicologi da tutta Italia, le dinamiche principali nel rapporto tra lavoro e salute mentale, a pochi giorni dalla giornata mondiale dedicata, al fine di raccogliere le migliori pratiche per riconoscere i campanelli di allarme e intervenire per tempo. Secondo lo studio, i disturbi più comuni nei liberi professionisti sono l’ansia e lo stress, rispettivamente nel 25% e 21% dei casi. Seguono il burnout, cioè l’esaurimento psico-fisico di una persona (15%), l’insonnia (12%), le difficoltà relazionali (10%), la depressione (8%) e la scarsa autostima (7%). Pur sottolineando che ogni situazione è differente e che dipende dalle propensioni o dalla storia della singola persona, gli psicologi coinvolti hanno individuato alcuni denominatori comuni tra i pazienti in Partita Iva che manifestano malessere legato al lavoro. Si tratta di campanelli d’allarme che spesso vengono ignorati o considerati “normali” nel lavoro in libera professione: piccole somatizzazioni, come mal di testa, contratture e dolori muscolari, ma anche l’intensificarsi di disturbi fisici latenti, magari cronici, che vengono scatenati dal calo delle difese immunitarie; irritabilità crescente e nervosismo costante; cali improvvisi di energia e motivazione, accompagnati spesso da procrastinazione; disturbi del sonno e alterazioni delle abitudini alimentari. Meno frequenti, ma non trascurabili sono la difficoltà di concentrazione e l’isolamento sociale o la chiusura all’interno della principale relazione affettiva.

I dieci consigli degli psicologi. Nella maggior parte dei casi, chi manifesta malessere si rivolge a professionisti della salute mentale quando i sintomi sono ormai esplosi. Per aiutare i lavoratori, soprattutto i liberi professionisti, a prevenire lo sviluppo di patologie legate alle scelte lavorative, sono state individuate dieci buone pratiche per migliorare la qualità della propria salute psico-fisica: dedicare più tempo a sé stessi, tra hobby, passioni, affetti, sport e riposo; imparare tecniche di gestione dello stress, di respirazione e di armonizzazione, inclusi percorsi di mindfulness, per disinnescare le manifestazioni più acute; riconoscere i propri limiti, accettarli e rispettarli; distinguere sempre ciò che è urgente da ciò che è importante; crearsi una rete di supporto sociale, che può includere amici e colleghi; concentrarsi su un obiettivo alla volta, anche piccolo, sia nella quotidianità che nel lungo periodo; allenarsi a rallentare, stare nel “qui e ora” e a prendersi periodicamente pause di ricarica; definire confini precisi tra vita professionale e privata, creando cornici temporali, spaziali ed emotive per ciascun ambito fino ad arrivare ad una nuova routine; saper stare nell’incertezza, senza paura del cambiamento e rimanendo in contatto con le proprie motivazioni e i propri valori; imparare a organizzare le priorità, sapendo che la prima deve sempre essere il proprio benessere.

“Non sorprende che i liberi professionisti incontrino maggiori difficoltà. Nel loro percorso non cercano soltanto di armonizzare la vita privata e il lavoro, ma provano a costruire un modo personale di viverlo. È una ricerca complessa, segnata da responsabilità, periodi di instabilità economica e dalla mancanza di alcune tutele garantite ad altre categorie professionali. Tutto questo può generare stress e momenti di fragilità, ma anche un profondo senso di realizzazione quando si riesce a dare forma al proprio modo di lavorare. Saper riconoscere i segnali di disagio è il primo passo verso il proprio benessere e per imparare ad affrontare le sfide con maggiore serenità. E nonostante le difficoltà continua a crescere, soprattutto tra i più giovani, il numero di chi sceglie la Partita IVA proprio perché crede nella libertà, l’autonomia e nell’autorealizzazione professionale”, afferma Enrico Mattiazzi, CEO di Fiscozen.

Secondo l’indagine, chi sceglie il lavoro autonomo è anche più propenso a sviluppare determinate capacità, a prescindere dalle caratteristiche personali, quali flessibilità e problem solving, innesco di meccanismi di resilienza, adattamento ai cambiamenti, auto-motivazione e intraprendenza, gestione delle incertezze e della propria emotività oltre che una necessaria e basilare capacità organizzativa del tempo e delle risorse.