Roma, 5 lug. (askanews) – Si è aperta questa settimana la presidenza di turno della Danimarca del Consiglio europeo. Una buona notizia per Giorgia Meloni, che ha un ottimo rapporto con la premier Mette Frederiksen.
Una strana coppia quella formata dalle due: accomunate dall’età (entrambe sono del 1977), l’italiana è leader di un partito di destra, già presidente dei Conservatori europei, la danese dal 2015 guida i Socialdemocratici. Con “la mia amica Mette” anche se “siamo due persone sulla carta politicamente distanti” c’è un rapporto che si basa “sulla concretezza, il pragmatismo la volontà di dare risposte efficaci” e con lei “è facile” perché “non le piace perdersi in chiacchiere, è molto operativa”, aveva detto la presidente del Consiglio ricevendola il 22 maggio scorso a Palazzo Chigi.
In quell’occasione Meloni e Frederiksen aveva presentato la lettera – firmata anche da Austria, Belgio, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Repubblica Ceca – con cui si chiede di “aprire il dibattito politico su alcune Convenzioni europee” a partire da quella sui diritti dell’uomo “alle quali siamo legati e sulla capacità di quelle Convenzioni oggi, a distanza di qualche decennio da quando sono state scritte, di sapere affrontare le grandi questioni del nostro tempo, a partire proprio dal tema del fenomeno migratorio”, aveva spiegato la prima. “Non possiamo garantire la sicurezza dei nostri popoli in Europa se non possiamo controllare le frontiere esterne”, aveva aggiunto la Frederiksen. Un’iniziativa che ha seguito la creazione (insieme anche ai Paesi Bassi) del gruppo di Paesi “like minded” sulle migrazioni che si riunisce in occasione di ogni Consiglio europeo. Nell’ultima seduta si è aggiunta anche la Germania di Friedrich Merz. Nel programma del semestre danese il tema delle migrazioni e delle cosiddette “soluzioni innovative” è tra le priorità. Lo ha detto chiaramente, in conferenza stampa con Ursula von der Leyen, la Frederiksen, confermando la linea dura: “L’attuale sistema di asilo è andato e dobbiamo essere molto franchi con chi viene: chi commette crimini e non rispetta i nostri valori non ha posto in Europa e deve essere espulso. Abbiamo delle proposte concrete sul tavolo, che possono aprire la strada agli hub per i rimpatri”.
L’Italia e la Danimarca (il cui motto del semestre è “A strong Europe in a changing world”) hanno una linea politica molto simile anche sull’Ucraina e sulla sicurezza e difesa. Del resto Copenaghen teme, per la vicinanza, le mire espansionistiche russe. Senza considerare l’insidia sulla Groenlandia costituita da Donald Trump. Sulla difesa Frederiksen potrebbe dare una bella mano a Meloni, alle prese con la difficoltà di ampliare gli investimenti senza far saltare totalmente i conti e uscendo dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, che il ministro Giancarlo Giorgetti vorrebbe raggiungere nel 2026. Ebbene, come ha scritto David Carretta sul ‘Mattinale’, la Danimarca ha appena deciso l’uscita dai Paesi cosiddetti ‘frugali’ e non esclude risorse comuni per arrivare al 5% di spesa rispetto al Pil. L’uscita dai frugali “non vuol dire che proporremo molto più denaro, ma viste le enormi sfide geopolitiche che abbiamo, questo significa che non rigettiamo sin dall’inizio proposte di finanziamento comune”, ha spiegato l’ambasciatore Carsten Grønbech-Jensen, rappresentante permanente della Danimarca presso l’Ue. Anche se, ha ammesso il diplomatico, il “debito comune è una questione difficile. Alcuni Stati membri lo hanno accettato in circostanze straordinarie come il Covid. Ripeterlo sarà difficile”.
Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli