Milano, 24 giu. (askanews) – Al Gassenhof, in Val Ridanna, sopra Racines, la saponetta non si butta. Si ripone, asciutta, in un sacchetto di stoffa fornito dall’hotel e cucito per durare. È un dettaglio, ma come spesso accade, sono i dettagli a raccontare le scelte più radicali. Qui l’acqua è nella caraffa di vetro e la plastica non entra nemmeno per sbaglio. Né nei dispenser, né nei minibar (che non ci sono), né nei prodotti monouso. La camera è una stanza accogliente, non un catalogo di imballaggi contenenti oggetti di cortesia, spesso inutili.
Il Vitalpina Hotel Gassenhof è una delle circa trenta strutture del circuito Vitalpina Hotels Südtirol. Famiglie altoatesine che hanno fatto una scelta netta: costruire e gestire in modo sostenibile, senza greenwashing, senza inglesismi, senza parole che piacciono agli algoritmi. “Sostenibilità” qui significa risparmio energetico, materiali e materie prime di stagione locali (e di stagione), niente sprechi, calcolo delle emissioni di CO2, recupero di parte dell’acqua piovana, riscaldamento a biomassa. Niente di eroico, ma tutto molto serio.
Silvia Pfeifer, responsabile marketing del gruppo, spiega che l’impegno ambientale non è arrivato dopo, a cose fatte. È parte del progetto sin dall’inizio. E infatti è credibile: lo si tocca con mano nei pannelli solari, ma anche nel fatto che le ciabatte si riutilizzano, e che il concetto di “lusso” convenzionale è stato sostituito dall’idea di un’ospitalità basata sull’essenziale, sulla qualità e sull’autenticità.
La storia del Gassenhof comincia nel 1974, con una semplice pensione. A fondarla furono Adolf Volgger e sua moglie Helene. Poi sono arrivati i figli, Manni e Stefan, e da lì il passo è stato tutt’altro che semplice ma decisivo: con il loro carattere cordiale e un po’ pazzo, un’energia inesauribile e un sacco di idee fuori dagli schemi, hanno trasformato quella pensione in uno degli hotel più riconosciuti della Val Ridanna e non solo. La loro idea non era quella di costruire un resort, ma un “Luogo delle Emozioni”: un posto dove l’accoglienza non è strategia, è modo di vivere. Dove ogni persona dello staff, a partire dalla famiglia Volgger, lavora per un solo obiettivo: far sentire l’ospite dentro qualcosa di più profondo della solita vacanza.
Stefan Volgger, che oggi guida il Gassenhof con i fratelli, ha portato avanti anche un progetto ambizioso di autoproduzione. In tredici anni hanno creato una distilleria interna che produce gin, rum, whisky, una grappa ottenuta dal pane. Poi la birra (buonissima), i formaggi, il miele (da trenta arnie), il caffè tostato in casa, le marmellate, il cioccolato al whisky. Ora toccherà all’aceto. Ogni prodotto è parte di un racconto, non di una vetrina. Che si può vivere in prima persona in una delle esperienze simbolo di questa filosofia: la Mount Becher – Casa del Gusto, uno spazio immersivo dove si assaggiano i prodotti locali, ma soprattutto si capisce da dove arrivano. Qui non si vende un sapore: si condivide un’origine. E si impara.
Nel tempo, il pubblico dell’hotel è cambiato. Oggi ci vengono molti giovani, coppie e famiglie da Germania, Austria, Belgio, Inghilterra. Circa l’80% sono stranieri. Restano fedeli, tornano anche più volte all’anno. Li attira un’idea semplice ma rara: vivere un’esperienza che non ha bisogno di effetti speciali. Che non ti convince, ti coinvolge. Non ostentazione o un’apparenza esteriore ma una filosofia che si concentra sulla genuinità e sull’interazione personale con gli ospiti.
E non è un caso. L’Alto Adige ha registrato nel 2024 oltre 8,7 milioni di arrivi e 37 milioni di presenze, con i turisti tedeschi a guidare il flusso (oltre il 47%). Un turismo forte, in crescita, ma sempre più selettivo: chi viaggia cerca autenticità, non copie. E strutture come il Gassenhof, radicate nel territorio e coerenti con la propria visione, sanno rispondere a questa domanda con sostanza.
I social (soprattutto Instagram e Facebook) hanno aiutato a far conoscere il posto. Ma il marketing principale resta Stefan stesso, che parla con tutti, dai turisti comuni ai personaggi noti. Nessuna reverenza, solo cortesia.
Il Gassenhof lavora sette mesi l’anno con un’occupazione media del 94%. Anche durante la pandemia ha continuato a offrire servizi, rivolgendosi ai residenti locali. E oggi, con la legge provinciale che da due anni vieta nuove costruzioni alberghiere, la struttura è diventata ancora più preziosa. Non solo per il valore immobiliare, ma per il suo ruolo nel tessuto della valle. I prezzi, finora più bassi della concorrenza, verranno ritoccati il prossimo anno. Non per avidità – spiegano gli Volgger – ma per tenere il passo con il lavoro e l’impegno. La clientela resta fedele, e questo aiuta. Come dice Stefan: “Il nostro obiettivo non è solo far tornare l’ospite. È far sì che, quando torna a casa, dica a qualcuno: ‘Devi andarci.'”. E quando succede, quella frase vale più di qualsiasi campagna.