Milano, 29 apr. (askanews) – Dal 2014, oltre 52.000 persone sono morte mentre cercavano di fuggire da Paesi in crisi. Si tratta di quasi tre quarti (72%) di tutti i decessi di migranti registrati a livello globale nello stesso periodo. Tra queste vi sono oltre 39.000 persone morte in zone di crisi, spesso intrappolate in condizioni insicure, e più di 13.500 decedute in fuga da conflitti o disastri. E’ quanto emerge, tra l’altro, dal nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Il dossier rivela che la maggior parte delle persone che perdono la vita lungo le rotte migratorie globali non parte per scelta, ma per disperazione: in fuga da contesti di estrema insicurezza, conflitti, disastri e altre crisi umanitarie.
“Questi numeri ci ricordano in modo drammatico che le persone mettono a rischio la propria vita quando l’insicurezza, la mancanza di opportunità e altre pressioni non lasciano alternative sicure o sostenibili”, ha dichiarato la direttrice generale dell’OIM, Amy Pope, sottolineando che “dobbiamo investire nella stabilità e nella creazione di reali opportunità all’interno delle comunità, affinché la migrazione sia una scelta consapevole, non una necessità. E quando restare non è più possibile, dobbiamo unire le forze per garantire percorsi sicuri, legali e ordinati che salvino vite e tutelino la dignità delle persone”.
Oltre la metà (54%) di tutti i decessi di migranti registrati dal 2014 è avvenuta in Paesi colpiti da conflitti o disastri, o nelle loro immediate vicinanze. Ad esempio, in Afghanistan oltre 5.000 persone hanno perso la vita mentre cercavano di lasciare il Paese, molte delle quali durante la fuga seguita alla crisi politica del 2021. Per quanto riguarda la situazione dei Rohingya (Myanmar) si registrano più di 3.100 morti, spesso in naufragi o mentre attraversavano il confine verso il Bangladesh. Infine il Mediterraneo centrale, che resta “la rotta migratoria più letale al mondo, con quasi 25.000 persone disperse in mare”.
Nonostante la gravità della crisi, “i migranti continuano a essere spesso esclusi dalle risposte umanitarie”. Le analisi dei bisogni e gli appelli per gli aiuti “raramente includono interventi mirati a proteggere chi è in movimento – anche se quasi un migrante disperso su quattro proveniva da un Paese colpito da una crisi”. “Troppo spesso, i migranti vengono ignorati o esclusi dalle risposte umanitarie” ha dichiarato Julia Black, coordinatrice del progetto Missing Migrants dell’OIM e autrice del rapporto, aggiungendo che “a causa della mancanza di dati, soprattutto nelle zone di conflitto e in quelle colpite da disastri, il numero reale delle vittime è probabilmente molto più alto di quanto registrato”.
L’OIM invita gli Stati e i partner umanitari a collaborare per garantire che i migranti non siano esclusi dalle risposte alle crisi. Ciò significa “ampliare i canali legali, migliorare l’accesso agli aiuti e all’assistenza sanitaria e investire in sistemi di raccolta dati che consentano di tracciare e proteggere meglio le persone a rischio”.