Diritti, faro dell’Ue sull’Ungheria dopo le norme che vietano i Pride – askanews.it

Diritti, faro dell’Ue sull’Ungheria dopo le norme che vietano i Pride

A luglio il rapporto sullo stato di diritto, valutazione giuridica Commissione
Apr 19, 2025

Roma, 19 apr. (askanews) – L’Ungheria è sempre più distante dall’Unione europea. Una distanza sui diritti fondamentali che non può non essere guardata con attenzione e preoccupazione dalle istituzioni comunitarie e dagli altri Stati membri.

Lo scorso 14 aprile i deputati ungheresi hanno approvato (140 voti a favore, 21 contrari) un controverso emendamento costituzionale che codifica il recente divieto imposto dal governo sugli eventi del Pride, la tradizionale manifestazione della comunità LGBTIQ, aprendo la strada anche all’utilizzo da parte delle autorità di software di riconoscimento facciale per identificare i partecipanti e potenzialmente multarli. L’emendamento secondo il governo di Viktor Orban dà priorità alla tutela dello sviluppo fisico, mentale e morale dei bambini, sancisce anche il riconoscimento di soli due sessi, fornendo una base costituzionale per negare l’identità di genere. E’ solo l’ultimo, e forse più grave, provvedimento di una serie di atti che stanno limitando i diritti dei cittadini.

Di fronte a questo, la Commissione europea sta svolgendo una “valutazione giuridica”, ha detto il commissario europeo per la Democrazia, la Giustizia, lo Stato di diritto e la Protezione dei consumatori Michael McGrath. Per la Commissione, ha ribadito, “è importante che i diritti fondamentali, che tutti noi abbiamo come cittadini dell’Ue, tra cui la libertà di espressione, la libertà di associazione e la libertà di riunione, siano rispettati in ogni Stato membro”. Proprio in queste settimane si sta concludendo la preparazione del rapporto annuale sullo stato di diritto per il 2025 (pubblicato a luglio), che riguarda ogni paese membro, compresa l’Ungheria e lo stesso McGrath è stato a Budapest per incontrare una serie di parti interessate, dal governo, alle autorità, ai rappresentanti della magistratura, alle organizzazioni della società civile e anche ai media. “Siamo stati molto chiari con le autorità ungheresi – ha garantito – su quali siano le nostre aspettative e quali siano le nostre richieste su tutte le questioni. Ma il punto fondamentale è che il rispetto dello Stato di diritto e il rispetto dei valori dell’Ue, come stabiliti dall’articolo 2 del Trattato, non sono discrezionali. Si tratta di un obbligo fondamentale derivante dall’appartenenza all’Ue. E ho ribadito questo punto nei miei incontri con le autorità governative di Budapest in relazione alla nuova legge adottata, che vieta determinati raduni e potenzialmente determinate parate, tra cui il ‘Pride’”.

Se questo obbligo non viene rispettato, che cosa può fare l’Ue? Nei rapporti con l’Ungheria, ha ricordato il commissario, “noi, in quanto Commissione, siamo stati molto attivi nell’utilizzare gli strumenti a nostra disposizione, che si tratti del regolamento sulla ‘condizionalità’ o della ‘condizione abilitante orizzontale'” che sottopongono gli esborsi di fondi europei per gli Stati membri rispettivamente alla condizione del rispetto dello stato di diritto e all’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Inoltre, ha continuato McGrath, “abbiamo una serie di ‘super obiettivi intermedi’ nel Dispositivo per la ripresa e la resilienza (il Pnrr, ndr). E sono state avviate numerose procedure di infrazione contro l’Ungheria, tra cui procedure di infrazione relative ai valori Ue”.

“Poi – ha aggiunto – abbiamo la procedura dell’articolo 7 che è ancora in fase di esame a livello di Consiglio Ue. E il 27 maggio si discuterà ulteriormente di questo tema in sede di Consiglio Affari generali”. La procedura ex art.7 del Trattato Ue riguarda il rischio di violazione grave, da parte di uno Stato membro, dei valori dell’Unione elencati all’articolo 2 (rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze). Se gli altri Stati membri constatano che questo rischio c’è ed è grave e persistente, il paese interessato può essere temporaneamente privato di alcuni diritti derivanti dalla sua appartenenza all’Ue, incluso il diritto di voto in Consiglio. “In questo momento – ha spiegato McGrath – con questi diversi strumenti, siamo arrivati a bloccare una somma finanziaria piuttosto significativa: parliamo di circa 18 miliardi di euro, tra sovvenzioni e prestiti, che oggi l’Ungheria non può utilizzare, a causa di violazioni dello stato di diritto. E alla fine dell’anno scorso sono andati persi definitivamente più di un miliardo di euro a causa del regolamento sulla ‘condizionalità'”.

Intanto in una visita a livello di europarlamento, appena conclusa, sono estati esaminati vari aspetti relativi al rispetto della “rule of law”. “Le conclusioni della delegazione – ha dichiarato Tineke Strik (Verdi/Ale) a nome della delegazione – indicano che non vi sono miglioramenti rispetto alla situazione evidenziata nelle precedenti risoluzioni del Parlamento. Inoltre, si registra una preoccupante tendenza all’ulteriore erosione, anche per quanto riguarda l’indipendenza della magistratura, la libertà dei media, la libertà accademica e lo spazio critico per la società civile. Questi sviluppi sono in netto contrasto con i valori sanciti dall’articolo 2 del Trattato Ue. Particolarmente allarmante è il fatto che la legislazione vigente, così come recentemente adottata, proibisca di fatto il Budapest Pride. Tale divieto non solo colpisce la comunità LGBTIQ, ma costituisce anche un attacco più ampio ai diritti fondamentali, rappresentando quindi un danno imminente e irreparabile. Alla luce di questi sviluppi, e data l’urgenza della situazione, i membri della delegazione sollecitano la Commissione a richiedere misure provvisorie nella procedura d’infrazione in corso presso la Corte di giustizia per violazioni dei diritti LGBTIQ, al fine di sospendere l’applicazione della legislazione in questione. Adottare tale misura garantirebbe il diritto di riunione pacifica e invierebbe un messaggio chiaro: l’Unione europea rimane impegnata a difendere i suoi valori fondamentali e a proteggere i diritti di tutti i suoi cittadini”.

Di Alberto Ferrarese e Lorenzo Consoli