Napoli, 22 gen. (askanews) – Terzo suicidio in una settimana nel carcere napoletano Poggioreale. A togliersi la vita, questa mattina, un detenuto di 36 anni che, tra circa un mese, sarebbe tornato in libertà. “I suicidi in carcere hanno un tasso venti volte superiore alla media nel nostro Paese: che cosa sta succedendo nelle nostre carceri?”. A porsi la domanda è il garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello.
“I detenuti che si suicidano – aggiunge – non hanno un fine pena mai, come nel caso anche dell’ultimo detenuto di Poggioreale che sarebbe uscito da qui a un mese. Quindi sono detenuti con una fragilità che, entrando in carcere, tentano il suicidio o ci riescono, detenuti che si suicidano anche se a breve devono uscire. Allora la politica e le istituzioni ai vari livelli cosa possono fare per intervenire? Sono tristi le percentuali dei suicidi a cui si aggiungono i tentati suicidi, sventati grazie al pronto intervento degli agenti di Polizia penitenziaria e dei compagni di cella. Tante anche le forme di autolesionismo”. Secondo Ciambriello “il fenomeno non è facile affrontarlo, la complessità del suicidio rende necessario un lavoro di gruppo, perché è necessario agire sull’organizzazione delle carceri, sulle figure professionali che mancano, come quelle di ascolto che fanno da ponte tra l’interno e la famiglia, l’interno e la magistratura, l’interno e l’esterno della società civile. Bisogna intervenire sui programmi di trattamento nelle carceri. Molte volte i detenuti vivono un tempo vuoto, non svolgono attività trattamentali, di socialità o di lavoro. Bisogna intervenire anche con progetti che vedono coinvolti le esperienze di volontariato e del terzo settore”, conclude il garante campano delle persone private della libertà personale.