Roma, 19 mag. (askanews) – E’ un santuario particolare, quello che hanno visitato i leader del G7 oggi, nel primo giorno del summit di Hiroshima. Da un punto di vista turistico, certamente, Miyajima-Itsukushima (patrimonio dell’Umanità UNESCO) è una delle mete più apprezzate del Giappone con il suo caratteristico portale “torii” che spunta dal mare, con il suo colore rosso intenso, con le sue forme architettoniche affascinanti. Ma sono i suoi aspetti simbolici e religiosi il fatto più suggestivo.
Il santuario appartiene a una delle grandi correnti del corpus dei diffusi ed eterogenei culti ancestrali nipponici, che vanno sotto il nome di “shinto” (“Via degli dei”: è impropria invece la definizione in auge in Occidente di “shintoismo”). Ed è legata al culto imperiale e alla mitologia più antica giapponese, che si basa su due “cronache” imperiali dell’VIII secolo conosciute come “Kojiki” e “Nihongi” (o “Nihonshoki”).
Il santuario di Itsukushima, nello specifico, è dedicato alle tre figlie del riottoso e irruente dio Susanoo-no-mikoto, fratello della dea del sole Amaterasu-no-mikoto e scacciato dal regno degli dei a causa delle sue intemperanze. Questi, calato tra gli umani, dopo una serie di avventure spettacolari, diede alla vita tre dee: Ichikishimahime-no-mikoto, Tagorihime-no-mikoto e Tagitsuhime-no-mikoto. Collettivamente sono conosciute anche come “sanjoshin”, cioè “tre divinità femminili”.
Nel culto ancestrale, queste tre divinità sono le dee dei mari e delle tempeste: appare quindi opportuno che in un momento di tempesta geopolitica i leader G7 facciano loro una visita. Tra l’altro queste divinità sono considerate legate anche a Kannon, bodhisattva (cioè entità buddista un gradino sotto il Buddha) della benevolenza e della medicina.
La fondazione del santuario è tradizionalmente fissata nel 593, sotto il regno della potente imperatrice Suiko, anche se in realtà l’attuale forma sarebbe stata data dal gran ministro imperiale e uomo forte del Giappone per un breve periodo di tempo Taira no Kiyomori nel 1168. Va anche detto che il santuario fu più volte distrutto e ricostruito nella sua storia.
L’intera isola in sé è considerata una divinità, per cui esistevano una serie di tabù, un tempo rigorosamente rispettati, per il suo accesso. La religiosità shinto, in effetti, aborre il “kegare”, cioè l'”impurità” rituale e anche fisica. Perciò nel’isola non è consentita nessuna nascita o morte, cioè nulla che sia legato alla decomposizione o alla presenza di sangue. Solo i nobili potevano un tempo mettervi piede e teoricamente le donne incinte non dovrebbero avvicinarvisi all’approssimarsi del parto, come anche gli anziani malati o vicini alla morte. Vi sono ovviamente vietate le sepolture.