Roma, 27 gen. (askanews) – La Libia per l’Italia è un paese che non può che essere “una priorità a livello di politica estera. È una scelta obbligata”. Lo sottolinea, in una intervista con askanews, Leonardo Bellodi, adjunct professor Luiss Business School e senior advisor presso la Libyan Investment Authority.
La missione del governo italiano che domani vedrà in Libia, a Tripoli, la premier Giorgia Meloni accompagnata dall’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi che firmerà con Noc importanti investimenti per l’estrazione di gas a Nord di Tripoli, è certamente delicata ma servirà a “cercare di rafforzare la nostra posizione politica nel paese”, dopo alcuni ‘errori’ commessi da governi precedenti. Consoliderà anche la nostra poizione economica, mai messa in discussione dal fatto che Eni non ha mai lasciato il paese. L’Italia, del resto, proprio dal punto di vista economico, relativamente alle forniture di gas, può sfruttare una posizione di vantaggio legata a una infrastruttura, il Green Stream che collega Mellitah e Gela, in Sicilia, che è già lì, disponibile.
“I libici sono sempre molto attenti a quelli che sono i messaggi politici di alto livello – evidenzia Bellodi – e quindi il fatto che la nostra presidente del Consiglio vada in Libia è un messaggio forte che non può che essere apprezzato da parte dei libici. È un messaggio per dire la Libia per noi è un paese imprescindibile”.
Gli attori di cui tener conto sono nel caso libico molteplici, in primo luogo la Turchia, e quindi “bene ha fatto la Meloni a incrementare i rapporti con il governo turco perchè da un lato, se si vorrà sviluppare ulteriormente il Corridoio Sud del gas, questo gas passerà in parte attraverso la Turchia, come già succede con il Tap, e dall’altro lato c’è il tema della presenza turca in Libia che è una presenza in questo momento dominante. Quindi il fatto di consolidare i rapporti con la Turchia può costituire un asse per quanto riguarda il tema libico, asse da cui, ci piaccia o meno, non possiamo prescindere”.
Rispetto al rischio che, data la situazione politica libica instabile, gli investimenti di Eni possano trovarsi ‘impaludati’, Bellodi spiega come la Libia abbia bisogno di questi investimenti per prima.
“La presenza dominante di Eni non è messa in discussione per due motivi. Il primo di carattere storico, perchè Eni è stata sempre presente e non ha mai abbandonato la Libia neppure nel 2011, e c’è sempre stato un dialogo costante. Da un punto di vista tecnico le sue performance sono di tutto rispetto. E poi c’è da tener conto di un legame infrastrutturale, il Green Stream che non è che si possa rimpiazzare”. “Quindi la scelta di estrarre gas e di esportarlo, qualora non si usi tutto per usi domestici è una scelta obbligata. Da lì deve passare e da lì deve arrivare in Europa. C’è un vantaggio infrastrutturale incolmabile”.
“La situazione economica della Libia ha riflessi politici: la Libia ha bisogno di idrocarburi in primo luogo per ragioni di consumo interno e la seconda ragione è che la vendita di petrolio e gas portano alle casse libiche una valuta pregiata internazionale e quindi è chiaro che l’aspetto economico – spiega Bellodi – è difficilmente scindibile da quello politico perchè ha dei riflessi politici importanti”.
“Gli investimenti servono anche a loro. Da un punto di vista puramente politico certo la situazione è delicata e bisogna tenerne conto. C’è uno spostamento verso la Turchia che si è inserita nel panorama politico scalzando tanti stati europei. La presenza turca, non solo di carattere economico ma pesantemente politico, ha chiaramento tolto la Libia dalla sfera di inflenza degli stati europei e delle Nazioni unite”.
“Basta la presenza Eni per avere una nostra leadership politica in Libia? È una condizione necessaria ma non certamente sufficiente”, rileva Bellodi. “C’è da dire che in passato alcune dichiarazioni di governi italiani che hanno detto di essere equidistanti da Tripoli e Bengasi hanno fatto arrabbiare tutti. E questo ha creato non poca incertezza per i rapporti nel passato”.
“Spesso inoltre non si tiene in considerazione che si tratta di una società tribale” evidenzia Bellodi, che ricorda anche la recente visita del capo della Cia, a gennaio, William Burns che ha incontrato sia il governo di Tripoli sia Haftar. “Questo perchè volenti o nolenti è imprescidibile il fatto di parlare con entrambi gli schieramenti”. Gli americani sono preoccupati del terrorismo e dell’espansione russa. “Gli americani vedono il loro interesse in Libia come un interesse in funzione antiterrorismo. Guardano alla Libia come un grande problema da un punto di vista del terrorismo che è un problema condiviso con l’Algeria preoccupata di spillover in Algeria dalla Libia”.
Il terrorismo è legato poi al tema dell’immigrazione perchè “organizzazioni criminali, spesso in continuità con il terrorimo, sono artefici del traffico di essere umani e quindi il tema terrorismo si lega all’immigrazione e ai nostri interessi nazionali perchè tra le rotte di arrivo in Italia c’è la rotta libica, un tema su cui dobbiamo essere particolarmente attenti”.