Milano (askanews) – Un mantello di terra e pigmenti, oppure una serie di lavori sulla provvisorietà e la metamorfosi. Sophie Ko, artista nata a Tbilisi ma trasferitasi a Milano, presenta una mostra in due atti e due location: “Sporgersi nella notte”, iniziata nello spazio The Open Box di via Pergolesi, e poi proseguita alla galleria Renata Fabbri. Un itinerario attraverso concetti profondi come il sacro, la terra, le figure dei santi.
“Mi interessava moltissimo il tema della santità – ha spiegato l’artista ad askanews – proprio per la sua inattualità e il suo anacronismo”.
In particolare, nel Box gestito da Gaspare Luigi Marcone, Sophie Ko ripensa la storia del mantello di San Martino e lo fa ricorrendo a materiali primordiali, oltre che a una messa in scena che trova nella tridimensionalità del garage un ulteriore punto di forza.
“Il gesto di San Martino che divide e condivide il suo mantello: con questa condivisione unisce e condivide ciò che era diviso, quindi mi interessa molto il santo per le sue azioni”.
In un mondo che l’artista vede come schiacciato dalla tecnocrazia e da quella che lei chiama “contabilità”, il santo è colui che sfugge alla “pianificazione”. E lasciando la pianificazione ci si addentra nell’ignoto, nella notte del titolo e, da Renata Fabbri, si scoprono quadri che hanno la loro giustificazione nella gravità, e la loro essenza nell’incostanza.
“Grazie al tempo che passa e alla forza di gravità – ci ha spiegato l’artista – queste crepe sono in continua metamorfosi, quindi in continua lotta tra la vita e la morte, la nascita e la fine”.
Un conflitto che, almeno in apparenza, riguarda anche i materiali scelti per il lavoro da Sophie Ko: semplice terra e pigmenti puri.
“Da un lato – ha concluso l’artista – sembrano fragili, ma a mio avviso è la cosa più solida che abbiamo, perché derivano dalla terra, che è il suolo su cui ci poggiamo ogni giorno. Il pigmento sostanzialmente deriva dalla terra o dai minerali, che a loro volta sono terra”.