Mosca, 25 set. (askanews) – Fa parlare un doppio progetto italiano alla VII Biennale di Arte contemporanea di Mosca che racconta conflitti e convivenza, mescolando esperienze reali dell’artista alle esperienze visive dello spettatore. La cornice è da favola. Si tratta di quella che i russi chiamano la Versailles moscovita, Arkangelskoe con il suo magnifico parco e i suoi palazzi che appartennero al principe Nikolaj Yusupov, diplomatico sotto gli zar, mecenate e amante dell’arte italiana che conservò proprio in questa reggia fuori dalla capitale la sua collezione di capolavori dal Canova al Tiepolo.
E proprio il santuario degli Yusupov, il magnifico “Colonnato” che ospita una chiesa e una cripta, ha accolto due lavori di Chiara Dynys, artista italiana molto affermata a livello internazionale e già nella collezione del Museo del Novecento a Milano. La Dynys è inoltre già assurta all’onore delle cronache per un suo progetto sulla Siria ed è nota per i lunghi processi di creazione, talora molto sofferti.
La mostra, curata da Giorgio Verzotti, organizzata in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura di Mosca, è stata inaugurata nel fine settimana alla presenza di Teodora Danisi, in rappresentanza dell’Ambasciata d’Italia. È composta di due grandi installazioni, “Please don’t cry” e “Look Afar”, entrambe del 2016 ed entrambe capaci di parlare dei grandi conflitti che ci sono stati, che ci sono e che hanno segnato la nostra epoca, benché lo spettatore ne conosca solo la versione mediatica e spettacolare. Dall’Iraq alla Siria, dall’Afghanistan all’Ucraina, dal Congo alla Libia. Di fondo una critica, neanche troppo velata a quanto la realtà e la tragedia delle guerre differisca dalla versione raccontata e spettacolarizzata dai media.
La stessa Dynys spiega ad Askanews che si tratta di “dieci sfere di vetro, che ci raccontano attraverso le mappe in foglia d’oro dei 10 stati in guerra, la tragicità, la drammaticità della situazione, per ciascuna nazione”. Più complesso “Look afar” dove Dynys è riuscita a catturare l’aurora boreale in un video, cosa praticamente impossibile, ma resa attraverso l’uso delle fotografie come dei frame: “Sono dei lavori che parlano del mio percorso di 40 giorni nella Lapponia svedese dove ho fatto riprese sul fenomeno della luce del nord. Il lavoro si intitola “Guarda Lontano” – in inglese “Look afar” – e ci parla dell’orizzonte, di un evento in qualche maniera drammatico, perché l’aurora boreale anticamente era vista come le luci di una guerra lontana. E io ho lavorato in questo senso”.
Stridente ma interessante è anche il paragone tra passato e presente per la Russia. I lavori sono infatti ospitati in quello che era il maniero di uno dei più grandi collezionisti di arte italiana ed europea nella Russia zarista, il principe Yusupov. E oggi si sente molto la mancanza di un collezionista russo di tale interesse e levatura. “La Russia si aprirà sempre di più all’internazionalità” afferma Dynys in un’intervista con Askanews. “La moda, l’architettura, il design vengono già esplorati. L’arte contemporanea è il campo più difficile. Ci deve essere un’abitudine a guardarla. Questo è stato un Paese che è stato a lungo isolato verso l’esterno. Ora bisogna solo dargli tempo”.
Secondo Verzotti, tra i critici d’arte più importanti in Italia, “se la Biennale di Mosca ha come tema generale il rapporto tra l’uomo e la natura, direi che il lavoro di Chiara ci rientra completamente. La grande installazione “Look afar”, già presentata in altre occasioni espositive, a Milano, è il resoconto visivo di una sua esperienza personale ai limiti del mondo fisico, poiché l’artista con la sua assistente è stata vicina al circolo polare artico nella Lapponia svedese con lo scopo preciso di fotografare l’aurora boreale, impressionante fenomeno naturale. Dopo una esperienza di lavoro fotografico ai limiti della resistenza umana, perché possiamo immaginare il rigore climatico di quella zona, sono nate una serie di fotografie e un video, che sono gli elementi che vengono esposti”.
Sugli scatti, inoltre, come due occhi, si trovano le immagini dei luoghi dove Dynys ha avvistato l’aurora boreale. Il tutto è stato poi “collocato in una serie di cornici tutte uguali, ma molto curiose, in metacrilato, con un andamento baroccheggiante. Con il fatto che sono in metacrilato, danno anche l’impressione di estrema finzione, sembrano gli elementi di un set di un film di fantascienza. Insomma c’è tutta una serie di contributi, formali diversi in questo insieme di lavori”, aggiunge Verzotti, che nella sua introduzione intitolata “La bellezza ci salverà?” scrive: “una bellezza che reca come dono l’armonia non è più pensabile se viene calata in questo mondo, così disarmonico e irto di contraddizioni”.